Nel rione della GUARDIA “vi è il Castello, situato in luogo eminente, ed adatto a dominare da per tutto il circuito del territorio, e cosi impedire ogni invasione.
Da i Terremoti fu molto rovinato, di modo che al presente (1794) non vi esistono, che quattro ben grandi quasi intieri Baloardi, o siano Torrioni, ed alcune altre fabbriche.
Il suddetto castello fu edificato non tanto ad oggetto di custodire e fortificar la città, ma per impedire ogni invasione del Regno, e sostener ogni assedio in caso di guerra, come l’esperienza ne’ tempi addietro lo dimostrò, e come appunto fu rappresentato al supremo Consiglio di Castiglia in tempo di Filippo IV Re Spagna e di Napoli” “Ariano, città molto popolosa, unica città Regia nella Provincia di Principato Ultra, di somma importanza per il Regno di Napoli, con piazza d’arme e con un antico castello di non facile espugnazione, munito di torri di avvistamento, fossati a secco, mura e fortini, il quale non serve soltanto a difendere quella Provincia, ma soprattutto è il baluardo del Regno, allorquando fosse minacciato dalle anni nemiche.
Edificato in una posizione strategica e di difficile accesso, circondato da barriere naturali, scoscendimenti e dirupi, domina le valli dell’Ufita, del Miscano e del Cervaro, e, dalla sommità, le vedette spaziavano nel vasto giro dell’orizzonte, da un lato territori beneventani e di Montefusco,dall’altro verso la pianja di Camporeale e le gole pugliesi”.
“Inglobato nella villa comunale, il castello mostra le caratteristiche peculiari dell’architettura aragonese. Presenta una tipologia di forma pessoché quadrangolare con lati di dimensione diversa e torri disposte agli angoli. I lati più corti sono; il lato nord (40 mt. ca) e il lato sud (56 mt. ca.), i più lunghi sono rappresentati dal lato est (72 mt. ca) e dal lato ovest (81 mt. ca.).
Le quattro torri mostrano un basamento a scarpa in blocchi di arenaria su cui si impostano, ad una certa altezza, volumetrie cilindriche scandite da un redondone in piperno. 11 diametro delle torri varia dai 13 ai 16 metri.
Ogni torre è articolata al suo interno con alcuni vani di varia dimensione, più grandi in basso più piccoli in alto. Questi ultimi sono illuminati e areati da fori di due metri di diametro, mentre negli altri ambienti si rilevano alcune feritoie che si aprono nella spessa muratura sulla quale si individuano alcune preesistenze angioine.
Internamente le torri nord-est e nord-ovest presentano un vano in più.
Le due torri poste sul lato meridionale (sud-est e sudovest) contengono un vano che è collegato con due scale che seguono la direzione delle diagonali della pianta del castello, mentre alle torri nord-ovest e nord-est si accede mediante una scala posta a ridosso del muro settentrionale.
L’edificio di forma quasi quadrangolare, di notevoli proporzioni, datato per tipologia e caratteri tecnico-costruttivi nella fase normanna (XI-XII secolo), è situato sulla sommità del terreno posto all’interno delle mura.
E’ formato da due ambienti riforniti d’acqua mediante cisterne; il che prova la sua funzione originaria di mastio con l’abitazione del conte e dei suoi familiari”.
“Ben poco o non molto ci resta di quello che fu l’integro Castello medioevale”.
Alla fine del 1500, “la storia del Castello, diventa triste e malinconica, e comincia a cedere il posto all’importanza topografica della Città”.
“In primo uno Ponte rutto e fracassato in lo primo ingresso con ligname fracido e quasi inaccessibile. Item un altro Ponte nella porta principale di detto Castello, similmente rotto et marcito et quasi inaccessibile.
Item tutta la habitazione scoperta quasi senza solare, né pone, con una grande quantità di travi et ligname vecchio et fracito gran parte et le muraglie minacciano ruina”.
Alla pittoresca visione dello storico Gabriele Grasso che immagina “il maestro muratore, sospeso con corde ed armato di piccone e paletto perché strappasse con stento e fatica al secolare Castello le pietre per la pavimentazione di qualche strada”, noi contrapponiamo quella più realistica, anche se più tragica, di Tommaso Vitale, riportata in un manoscritto inedito che si conserva presso il locale Museo Civico.
Il nostro maggiore, mentre fuga la visione del Grasso, ci informa anche su altri superstiti bastioni che fortificavano l’intero colle del castello.
“E questo è certo mostrandolo ancor oggi i di lui avanzi, e le fabriche che n’esistono di quattro Baloardi che resistendo all’intemperie del tempo dl più secoli a i non rari strepitosi moti della terra ed anche alla violenza delle mine di polvere pure sono in buono stato con tre delle quattro cortine fuori di due altri Bastioni de’ quali ancor se ne conoscono le vestigia uno vicino la Chiesa di S. Sebastiano ed un altro da sopra la Casa del distretto della Parrocchia di S. Stefano che attaccano col largo di detto Castello”.
“Or più non resta che il povero rimpianto, ...austero e muto/ dall’insania e dai turbini corroso/resta il colosso con le vuote occhiaie”.
“Dormi, o castello millenario, dormi il tuo sonno mentre le unghie del tempo, e la mano dell’uomo ti stracceranno i fianchi; statti divoto e muto, perché gli Arianesi vi seggano pensosi di sé e della patria loro come Mario sulle rovine di Cartagine”.
I brani fra virgolette sono di: T. Vitale- N. D’Antuono - G. Coppola - L.. Fedele - N. Flammia
“GUIDA TURISTICA DI ARIANO CITTA’ CAPITALE” a cura di Mario e Ottaviano D’Antuono - Tipografia IMPARA - giugno 2001 -