Possono vino, eros e poesia coabitare? La risposta è sì, possono. Anzi, lo fanno già nel libro che li vede protagonisti: “Vino, eros e poesia”. Un’antologia curata a sei mani da Alessandro Di Napoli insieme a Giuseppe Panella e Paolo Saggese e che si arricchisce della preziosa introduzione di Francesco d’Episcopo.
L’idea nasce durante un incontro sul vino e la poesia, a Castelfranci, in occasione del “Castelfranci Wine Festival”. All’entusiasmo di intraprendere un’avventura sì impegnativa ma al contempo avvincente, segue un ampio e scrupoloso lavoro di raccolta che ha visto la consultazione di oltre 650 testi. L’obiettivo era raccontare, attraverso la poesia, il legame che nel tempo ha interessato il vino e l’eros. Il volume, edito da Digital@Grapphic Moscariello, ha già riscosso un notevole consenso di pubblico e critica. Si compone di sei capitoli, 415 pagine che conducono il lettore in un viaggio attraverso quindici secoli di poesia, da Omero a Rocco Scotellaro, dal mondo greco a quello romano e fino ai giorni nostri. La copertina, semplice quanto elegante, riproduce il dipinto di Nadia Marano, “Vino ed Eros”, in perfetta simbiosi col tema trattato.
A Paolo Saggese il compito di aprire le danze con il saggio “Poesia, vino ed eros in Grecia e a Roma”. I lustri del mondo greco e latino rivivono nei versi dei poeti scelti e curati da Giuseppe Panella: da Omero, Archiloco, Callimaco a Orazio, Virgilio, Ovidio, Catullo. Ed è Alessandro Di Napoli a raccontare il vino nella poesia italiana, da Cecco Angiolieri a Trilussa per giungere agli autori del novecento e dei nostri giorni: Saba, Rebora, Cardarelli, Sbarbaro, De Libero, Pavese, Bertolucci, Caproni, Luzi, Manganelli, Merini, Squarotti, Carducci, Pascoli, D’annunzio, Quasimodo, il già citato Scotellaro, Spagnuolo, Liuccio, Piscopo.
È difficile staccare gli occhi da quei versi, non voltare pagina per rivivere atmosfere lontane e scoprire, con incanto e sorpresa, l’incredibile intreccio fra questi grandi temi. Meraviglioso, poi, trovare anche i grandi autori dell’Irpina, patria di vini eccellenti come il Taurasi e l’Aglianico. Leggiamo, così, Franco Arminio, Raffaele Barbieri, Gaetano Calabrese, Antonio Cianciulli, Domenico Cipriano, Raffaele Della Fera, Giuseppe Iuliano, Alfonso Nannariello, Armando Saveriano, Piero Mastroberardino.
Spazio anche alla poesia straniera. Baudelaire, Dickinson, Shelley, Apollinaire, Kerouac, Prévert. Degno di nota, l’attenzione a Omar Khayyam, poeta prussiano, uno dei cantori di spicco del vino e dell’eros.
Fil rouge di questa ricchissima raccolta è il vino, raccontato a 360 gradi e attraverso i vari momenti storici. In epoca classica, è un invito a vivere la vita attimo per attimo, a goderne di ogni momento. È la medicina dell’anima. Ma è anche un piacere da vivere con moderazione perché a casa bisogna tornare sempre sobri, perché bere troppo potrebbe accorciare la vita: è la metriòtes greca e la mediocratis latina. Il vino accompagna i dibattiti del simposio greco. In questo luogo di dialogo e d’ascolto, fra un bicchiere e l’altro, gli uomini discutono di esistenza, di vita, di amore. Ed è con il vino che si attuano i grandi riti propiziatori. Nell’antica Roma, il vino è il protagonista delle tavole, dalle cerimonie ufficiali a quelle informali. Per i poeti contemporanei, il vino diventa a volte compagnia, a volte il mezzo con il quale dar voce a pensieri, sentimenti, stati d’animo. Gli autori irpini rivelano il profondo legame del territorio alle sue tradizioni attraverso la coltura e cultura del buon vino. La vendemmia è da sempre un rituale di grande valore sociale: in passato, per i contadini era un momento di festa in cui ci si riuniva con amici e vicini di casa, era il momento in cui si tiravano le somme di un anno di lavoro e fatiche. Perché il vino, come scrive Saggese, è: “inno alla vita, alla sua segreta capacità di far resuscitare, rinascere, insomma, rivivere con una forza inaudita”.
Alda Merini
Ti sei presentato una sera ubriaco
sollevando l'audace gesto
di chi vuole fare cadere una donna
nel proprio tranello oscuro
e io non ti ho creduto
profittatore infingardo.
Sulla mia buona fede
avresti lasciato cadere il tuo inguine sporco;
per tanta tua malizia
hai commesso reato morto.
***
Jacques Prévert - Fiesta
E i bicchieri erano vuoti
e la bottiglia in pezzi
E il letto spalancato
e la porta sprangata
E tutte le stelle di vetro
della bellezza e della gioia
risplendevano nella polvere
della camera spazzata male
Ed io ubriaco morto
ero un fuoco di gioia
e tu ubriaca viva
nuda nelle mie braccia.
***
Trilussa - Er vino
Si anticamente se ‘ntoppava uno,
er vino je sfogava in alegria,
faceva ‘na cantata e annava via,
senza rompe le scatole a nessuno.
Ma si se ‘ntoppa adesso, mamma mia,
cià sempre l’aria de scannà quarcuno,
strilla, biastima, ruga e fa er tribbuno,
ch’è la cosa più brutta che ce sia.