Siamo nel cuore dell’Irpinia. Nella terra di mezzo. Nella terra tra due Mari.
Nella Valle d’Ansanto: un luogo misterioso, un luogo dove la terra è madre e matrigna.
Canta Virgilio nel VII canto dell’Eneide: “Vi è un luogo al centro dell’Italia circondato da alte montagne, famoso e celebre in ogni posto: la Valle d’Ansanto”.
Qui si mostrano un’orribile spelonca e gli spiragli dell’implacabile Dite.
L’implacabile “mondo dei morti”, così come è lo spettacolo che si presenta dinanzi agli occhi.
Si narra che, lo sgorgare impetuoso di questi pestilenziali effluvi emanati dal sottosuolo siano la porta d’ingresso degli Inferi. Nonostante possa apparire, come descritto da molti, un posto tetro e spaventoso, ci si ritrova dinanzi alla grandezza di Madre Natura.
La forza della natura trova in questi luoghi, la sua esplosione più pura: un paesaggio a tratti ambiguo.
Sono scesa negli Inferi o mi trovo sulla Luna?
Il silenzio e la pace del posto sono “rotti” dal rumoroso ribollire delle acque, dall’odore così forte, a dir poco nauseante. Una continua lotta che è morte con le sue emissioni tossiche e rinascita grazie alla sua carica purificatrice.
Vi è una sottilissima linea che divide la storia, dalle leggende di questo posto. Ed è proprio da questo connubio, che parte il nostro viaggio.
Come già anticipato siamo nella terra di mezzo, nel triangolo tra Rocca San Felice, Frigento e Villamaina. Non a caso etimologicamente Mefite significa proprio questo: “colei che sta in mezzo”.
Era in realtà, una divinità pacifica con il potere di presiedere al passaggio, di personificare “colei che presenzia ai dualismi” come la vita e la morte, il giorno e la notte, il regno dei vivi e l’oltretomba.
In seguito l’evolversi del culto ha proteso Mefite verso i benefici derivanti dall’utilizzo delle acque termali e quindi solforose connesse alla valenza di “sanatio”. A seguito, però, dell’amministrazione romana, si presume che sia stata relegata quale divinità delle mofete e delle acque stagnanti, lasciando il culto relativo al fenomeno delle acque sorgive a divinità del pantheon consoni a Roma.
È un luogo mistico, è un luogo in cui viene rappresentato in maniera evidente il passaggio dalla vita alla morte.
La vegetazione si tiene lontana, il verde dei prati e degli alberi si schiarisce mentre ci si addentra nella Valle, diventando grigio, cupo, fino a morire nel lago.
Seppur triste, in un silenzio assordante, è un posto in cui ci si ritorna. È un posto in cui la vita ha necessità di vedere la morte per rinvigorirsi. È come la necessaria alternanza delle stagioni.
Queste esalazioni però possono avere anche degli effetti positivi sul gusto. È qui che nasce e prende forma il pecorino Carmasciano. Infatti, in queste terre caratterizzate da pascoli naturali ricchi di essenze spontanee aromatiche, si allevano le pecore da tempo immemorabile; e così via da tempo immemorabile si trasforma il latte in formaggio. Conosciuto semplicemente come Carmasciano questo pecorino è un formaggio prodotto con il latte pecora laticauda, dalla coda larga: una specie a rischio di estinzione presente soltanto sull'appennino campano. La sua produzione è molto limitata, fatta da piccole aziende agricole a conduzione familiare situate nella zona di Carmasciano e tenute al pascolo proprio nella Valle d’Ansanto. ll sapore è inizialmente dolce e delicato, ma tende al piccante man mano che avanza la stagionatura. Unico nel suo genere, come è unico il posto in cui si produce.
Allontanandomi da questo luogo, dinanzi ad un tramonto che solo gli occhi possono descrivere, mi rendo conto che in quest’Irpinia dimenticata, abbandonata, ricca di amore, di storia, di leggende e di magia si nasconde la bellezza più pura della natura.