“L’inizio della fine è stato quando ci siamo fermati per inserire il primo spot pubblicitario”, così Al Pacino nel ruolo di Tony D’Amato in “Ogni maledetta domenica” film con la regia di Oliver Stone diventato di culto per tutti gli appassionati di sport. Dal calcio dei pionieri a oggi di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanto. Lo scopo, il fine ultimo del gioco è sempre quello: segnare un gol più degli avversari. Tutto il resto si è inevitabilmente modificato nel corso dei decenni.
Guardiamo al calcio italiano. Nel 1966 (nel post Corea del Nord) le frontiere vennero chiuse agli stranieri. Per 15 anni non si videro calciatori stranieri nel campionato di Serie A. Una decisione drastica, che impedì all’Inter di Angelo Moratti e del mago Herrera di avere Eusebio con la maglia nerazzurra. Poi le porte del calcio di casa nostra si sono progressivamente riaperte, fino a spalancarsi con la famigerata “legge Bosman”. Da allora, metà anni 90, il calcio è diventato un qualcosa di diverso. Anche perché nel frattempo le coppe europee hanno allargato il numero delle squadre partecipanti. La Coppa dei Campioni è diventata Champions League, la Coppa Uefa è diventata Europa League, la Coppa delle Coppe è sparita. Quello che era d’elite è diventata accessibile a tanti.
Nella notte tra domenica 18 aprile e lunedì 19 aprile 2021 è stato annunciata la nascita della Superlega. Una parola piuttosto sinistra che periodicamente si era udita nel mondo del calcio, ma che era sempre rimasta una chimera. 12 club europei hanno deciso che così non va bene, che bisogna cambiare. AC Milan, Arsenal FC, Atlético de Madrid, Chelsea FC, FC Barcelona, FC Internazionale Milano, Juventus FC, Liverpool FC, Manchester City, Manchester United, Real Madrid CF e Tottenham Hotspur non sono i club più vincenti (manca il Bayern Monaco), non sono i più ricchi (manca il Paris Saint Germain) e non sono i più simpatici (ancor meno adesso). Sono una Babele del calcio del vecchio continente, che guarda con sempre maggiore preoccupazione ai debiti crescenti, dovuti in parte anche al Covid.
Se i 12 volevano scuotere l’opinione pubblica ci sono riusciti in pieno. Anche i tg generalisti hanno messo da parte la pandemia (!), per parlare della rivoluzione copernicana del mondo del calcio europeo. I dirigenti dei 12 si stanno spendendo per giustificare una scelta che per chi entrato almeno una volta nella vita in un campo di calcio appare davvero poco comprensibile. E’ comunque presto per sparare giudizi e sentenze sulla nascente Superlega.
Fa sorridere che si parli tanto di tifosi, quando negli ultimi anni chi decide le sorti del calcio non si è preoccupato della parte più bello del gioco del calcio. Per chi pensa sia lecito giocare alle 12.30 o organizzare un Mondiale in Qatar (e in autunno!) perché dovrebbe suonare blasfemo che qualcuno abbia paura dei debiti e voglia una coperta (multimilionaria) di Linus per ripararsi dal freddo?
Nessuna meraviglia dunque per la nascita della Superlega, una logica conseguenza di quella che è stata l’evoluzione del calcio nell’ultimo trentennio. Del gioco non è rimasto quasi più nulla. Di quello possono esserci solo polverosi ricordi e di cui le generazioni post-Covid sentiranno solo parlare. Sempre meno. Ahinoi.
p.s. il rischio dei 12 è quello di fare come Narciso. Specchiarsi e bearsi della propria bellezza, e ricchezza in questo caso, per poi affogare. Stiano attenti i padroni del calcio europei. Molto attenti.