Che vento arriva dall’ America oggi? Se l’Italia vive uno dei momenti più tragicomici della storia repubblicana, uno yankee dall’altra parte del mondo cosa vive?
Joe Biden è ufficialmente il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America e poche ore fa ha fatto il suo ingresso nella Casa Bianca, la quale si colora un po’ di più di sfumature democratiche.
Sta cambiando tutto o siamo alle solite? Quali le differenze tra noi e loro?
Alla luce degli atti di Capitol Hill, di cui vi abbiamo parlato qualche numero fa, il tessuto sociale americano non è certo sereno.
A poche ore dal suo insediamento, il neoeletto presidente ha già stilato una serie di punti programmatici che promettono un totale cambio di rotta delle politiche statunitensi, sia in campo internazionale che nazionale.
Dal programma vaccinale all’addio al Muslim ban, per finire con il rientro nell’OMS: il cambio di rotta portato da Biden rispetto a Trump, sembra essere accompagnato del famoso fischio del brano the wind of change, degli Scopions.
Quanto è difficile non sentire una differenza importante tra i democratici d’oltre oceano e i nostri? Basti pensare che pochi giorni fa, proprio uno dei leader dell’area progressista, ha scelto un “suicidio politico”, come lo ha definito Corrado Augias, per avere un po’ attenzione personale.
Mentre l’America blocca i lavori del muro con il Messico, in Italia il fischio del cambiamento che udiamo non promette bene. Ci sono molte più similitudini infatti, tra il nostro Matteo 2.0, come lo denominammo qui, e il protagonismo di Trump.
Capovolgendo il ragionamento però, la situazione negli USA è meno idilliaca di quanto appare: metà paese è ancora con Trump e la linea così decisa adottata dal nuovo presidente non necessariamente riappacificherà gli animi.
L’iter democratico italiano, che invece cerca nel dialogo parlamentare il compromesso politico, frena ancora, come ultimo baluardo costituzionale, gli spiriti accesi che serpeggiano nel paese.
Tirando le somme, entrambe le nostre democrazie pagano il prezzo delle loro politiche.
Se però in America, una repubblica presidenziale, la visione leaderistica è congenita e rischia l’ascesa di personaggi come Trump, l’Italia per le stesse ragioni appare molto più comica. La nostra delega a singoli uomini di partito e la corrispondente ricerca di attenzioni e ascesa di alcuni essi, cozza con una democrazia parlamentare che responsabilizza ognuno di noi nella partecipazione politica.
In conclusione, potremmo dire che gli Stati Uniti fanno i conti con un sistema verticistico, che predispone maggiormente l’agire politico alla sequela del capo. Ciò può portare alla presidenza le personalità dai profili più disparati, ma proprio perchè hanno una corrispondenza ampia nel paese. In Italia, al contrario, paghiamo piuttosto un indifferentismo diffuso con il risultato che, per quanto il regime parlamentare renda il sistema più democratico sulla carta, il volto del paese non è mai davvero riflesso nelle istituzioni.
Se noi Italiani siamo più attenti al prossimo meme in stile dov’è Bugo?, non possiamo poi stupirci che il nostro Wind of change sia quello attuale.