Crisi di governo nel pieno della pandemia: quanti pensieri ci hanno percorso, quante domande, quante parole o quanti silenzi?
Se nel primo governo Conte era stato Salvini a decretare la fine di quell’esperienza, questa volta è l’altro Matteo a sorprenderci. Ecco alcuni punti per farcene un’idea.
+I fatti: Da Luglio circa, il governo lavora alla bozza del Recovery Plan, l’insieme di progetti da presentare in Europa a Marzo in modo da ottenere i finanziamenti europei. Sin dall’inizio dei lavori Italia viva, costola distaccata dal Pd dopo le votazioni del 2018, ha cercato di far sentire la sua voce. Negli ultimi giorni, il leader Renzi ha criticato ampliamente il premier per la poca collegialità, decisionismo e lo spropositato (a suo dire) peso decisionale che Conte ha conferito al suo entourage. Come se non bastasse, sono piovute critiche aspre anche per il mancato impiego del MES, le scelte strategiche sulle infrastrutture sanitarie e l’imprecisione nei 50 progetti abbozzati nel Recovery Plan.
+La crisi: Nonostante le modifiche e i passi fatti da Conte su sollecito di Mattarella e in barba alle prossime scadenze di governo sul piano nazionale e internazionale, in modo del tutto incomprensibile anche agli occhi dei più illustri giornali esteri, Renzi ha ritirato due ministri del suo governo.
+Inciso: L’uso del maschile, in un mondo attentissimo a queste sfumature semantiche è voluto. Proprio per sottolineare l’evidente mancanza di rispetto per le due donne dimissionarie, Bonetti-Bellanova, da parte del Matteo della seconda ondata. La conferenza stampa che avrebbe dovuto accompagnare le ragioni da parte delle due ministre protagoniste è a dir poco triste per il protagonismo del leader di Iv. E così, inciso a parte: ecco a noi l’impasse.
+Il perché: Questa sintesi come direbbe Platone, ci dice le con-cause, ma non ci spiega il perché. Perché Renzi ha fatto un tale gesto? La ricerca imparziale è obbligatoria! Per renderla tale è necessario non farsi adescare dal comprensibile pregiudizio.
A sentir l’intervista di ieri della Bonetti, ex ministro delle politiche per la famiglia, pare che la rottura fosse un atto di responsabilità, che non vuole far cadere il governo ma smuoverlo; parole che ha spesso confermato lo stesso Renzi. Non si poteva permettere che andasse in porto un Recovery Plan.
La replica, drammaticamente troppo facile è: “Caro Renzi, era una bozza!”. Non c’era alcun bisogno dello strappo. La stesura di una bozza avviene in certi casi secondo parametri tecnici. La discussione nel merito, di carattere politico si sarebbe avuta una volta presentato il piano in Parlamento. Le ragioni di principio potevano essere valide dunque, ma le modalità democratiche, tanto richiamate dallo stesso Matteo2.0, assolutamente non necessarie.
D’Alema stesso, non necessariamente il miglior statista della nostra storia, ha fotografato la situazione con un’immagine: l’uomo politico più apprezzato degli ultimi 25 anni contro quello più detestato. Difficile non concordare con quest'immagine sintetica ed estremamente esplicativa dello spettacolo paradossale al quale siamo tutti (nostro malgrado) invitati a partecipare.
+Le prospettive: tutti attendiamo martedì, quando tutto avrà il suo esito. A tal proposito pare proprio che Conte sia orientato a presentarsi in Parlamento con i documenti definitivi relativi al Recovery Plan e i punti prioritari per il futuro dell’Italia e, nel rispetto dell’iter istituzionale, chiedere la fiducia. Si spera per il meglio, anche se un governo politico stabile sarà difficilmente prospettabile. Dell’opzione “votazioni anticipate” meglio non parlare.
+Lo spunto: In queste ore ci si rende conto della delicatezza del momento. L’idea di un governo con il beniamino del Papeete o col Matteo del dormi sereno in piena pandemia e con gli appuntamenti che attendono l’Italia nelle prossime settimane, è terrificante. Lo spunto allora qual è? Una riflessione generica sulla democrazia può bastare.
Platone, ancora lui, con la figura di Socrate ci aiuta. In più occasioni la democrazia viene da lui definita come garante della libertà di parola per tutti, ma proprio per questo ne sottolinea la debolezza intrinseca. Nel permettere a tutti di parlare infatti, essa limita di fatto la libertà di chi ascolta, che sarà costretto a sentir pontificare chiunque e riguardo ogni cosa possibile, al di là delle capacità e competenze. La destinazione necessaria della vita democratica appare quindi la tirannide, e i fatti che abbiamo raccontato qui in merito agli USA, sembrano confermare la teoria. Cosa fare dunque per evitarlo? C’è una sola via maestra: informarsi e partecipare alla politica. L’opposta e dannosa possibilità risiede nel divenire indifferenti.
A voi la scelta cari lettori.