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“Stringimi forte e stammi più vicino, chi non salta non è di Ariano Irpino…”, era un afoso pomeriggio di metà giugno del 2003 quando chi vi scrive ha partecipato all’esodo di Potenza. 500-600 (ma sembravamo un milione) cuori arianesi cantavano sulle note dei Ricchi e Poveri,  sostenendo l’Ariano Calcio, impegnato in un drammatico spareggio per un non retrocedere dalla Serie D all’Eccellenza. Un rigore inesistente condannò la squadra alla sconfitta e alla retrocessione. Quel giorno a Potenza vincemmo tutti: orgogliosi, uniti e innamorati. La stagione successiva ci fu l’altrettanto drammatico spareggio di Marsala, con esito fortunatamente diverso da quello di Potenza. Partite rimaste ben scolpite nella memoria di chi c’era e di chi se l’è fatto raccontare.

Negli ultimi 15 anni il calcio arianese ha attraversato una sorta di limbo, con la squadra principale a fare la spola tra Eccellenza e Promozione. Negli ultimi tre lustri sono tante le persone che si sono impegnate per mantenere viva una tradizione di oltre mezzo secolo, affrontando sacrifici di tutti i tipi. Nella scorsa stagione la svolta: al fianco della Vis Ariano è arrivato il dottor Michele De Rosa, dando vita alla Vis Ariano Accadia. Qualcuno ha storto il naso di fronte a questa novità, ma quella delle fusioni è una strada che da in altre parti d’Italia ha dato i suoi risultati (l’Albinoleffe, o in tempi più antichi anche la Sampdoria). La prima stagione della Vis Ariano Accadia è stata su buoni livelli in un campionato difficile, come quello d’Eccellenza. Proprio quando il glorioso Silvio Renzulli ricominciava a riempirsi è arrivato il Covid-19 a fermare tutto.

Glorioso, ma vecchio il Silvio Renzulli. Lo storico impianto arianese ha bisogno di rifarsi il trucco, anche perché può godere di un manto erboso ottimo. La Vis Ariano Accadia ha cominciato la sua seconda stagione tra mille problemi, come tantissime altre società dilettantistiche. La sensazione di chi vi scrive è che manchi un qualcosa attorno a queste squadra: l’amore. I tifosi sono penalizzati dalle carenze strutturali del Renzulli, i giocatori sono costretti a vivere in una “bolla” e questo penalizza l’empatia con la città. Domenica scorsa c’è stata una brutta battuta d’arresto contro il Lioni. Ci sta, può succedere. Il disagio è che tanti appassionati non hanno potuto vedere la partita, né dal vivo (tranne qualche coraggioso assiepato in Villa Comunale) e né in streaming. Un peccato, anche perché questo campionato si potrebbe fermare da un momento all’altro. Società, squadra, amministrazione comunale e mezzi di comunicazione: se vogliamo bene al calcio arianese allora tutti dobbiamo fare la nostra parte per rilanciare una volta per tutti il movimento calcistico del Tricolle. Uniti, come a Potenza o a Marsala e in tanti altre domeniche con l’Ariano calcio nel cuore.