A volte pensare, o sarebbe meglio dire sognare di diventare regista resta solo un sogno. Per fortuna, però, non è sempre così. Per questo abbiamo deciso di confrontarci con Raffaele Grasso, giovane arianese che sta cercando di ritagliarsi un suo spazioin questo difficile mondo, per altro con una carriera sì emergente, ma piena di successi.
Raffaele, com’è iniziata la tua passione per il cinema e quando hai realizzato che potesse diventare il tuo lavoro?
Non è ancora il mio lavoro, ma lo sta diventando. L’interesse è nato sicuramente con l’Università, frequentando alla Sapienza di Roma (capitale per eccellenza del cinema!) il corso “Letteratura, Musica e Spettacolo”. Avendo la possibilità di studiare e vivere questo mondo, mi sono reso conto che non era solamente una cerchia di poche persone elette. Ho iniziato come tutti, vedendo video su Youtube su come utilizzare la macchina fotografica. Mi sono poi iscritto all’Accademia del Cinema Renoir della durata di un anno e adesso sto proseguendo i miei studi con il Master di “Cinema, serie tv, format: Sceneggiatura, Produzione, Marketing”.
Qual è stato il momento più bello e soddisfacente della tua carriera?
Non sono ancora arrivato dove voglio arrivare, ma diciamo che un cortometraggio in particolare,Agnes, è stato per me una grandissima soddisfazione. Ne avevo realizzato un altro, Alienato, che fu premiato dalla Giuria Popolare dell’Ariano International Film Festival, era un corto home-made, in cui mettevo in pratica tutto quello che avevo sempre studiato. Con Agnes è stato diverso: fu selezionato ad un festival di Roma e venne scelto da Rai Cinema Channel, è presente su Rai Play e lo trasmisero su Rai Uno. Ricordo che il momento più bello fu proprio svegliarmi accanto alla mia ragazza, alle sei di mattina, per vedere quel cortometraggio che sapevo a memoria, ma che quel giorno è stato come se vedessi per la prima volta.
Possiamo dire che hai avuto numerosi successi. L’ultimo è stato essere selezionato tra i 14 giovani professionisti per il MIA-Mercato Internazionale Audiovisivo. Vorresti spiegarci un po’ di più al riguardo?
Nel mondo del cinema ci sono alcuni eventi, chiamati Mercati, molto spessoaccoppiati ai diversi festival cinematografici. Il MIA è uno di questi: si svolge a Roma ed è il principale mercato internazionale italiano. Lo scopo dei Mercati è mettere in collegamento produzioni e autori, in modo da farcomprare idee e progetti nuovi. Io e tredici studenti di diverse università e master italiani siamo stati selezionati per questo nuovo progetto formativo chiamato Mia NEW Generation, ossia una serie di incontri con produttori italiani, dedicati solo a noi, che ci permettono di capire come funziona l’industria cinematografica.Inoltre la parte più interessante sono stati i Pitch, ossiala modalità con cui si vendono i progetti. Si dice che esso sia il tempo necessario ad un ascensore per passare da un piano all’altro, quindi era il tempo che un autore aveva per vendere il proprio progetto ad un produttore incontrato in ascensore. E’ un tempo brevissimo, a volte solo cinque minuti, e la cosa bella era proprio assistere a questi Pitch, che ti davano la possibilità di capire dove si stesse dirigendo l’industria cinematografica, a cosa fossero interessati i colossi come Netflix, Amazon Prime ecc.
A questo proposito, pensi che il Covid abbia influenzato l’industria cinematografica, cioè il modo di vedere e fare cinema?
Sicuramente il Covid ha influito, soprattutto con la chiusura dei cinema e dei teatri. Nonostante tutto sono sicuro che le sale cinematografiche non spariranno mai del tutto. La storia dell’audiovisivo ci insegna che con l’avvento di nuove tecnologie, ciò che c’era prima non sparisce: quando fu inventata la TV si parlava di “Morte del Cinema”, ma poi non accadde mai. Con il Covid e la diffusione prepotente dello streaming sarà la stessa cosa. Il modo di fare cinema e di raccontare storie sta cambiando. Durante il lockdown e anche dopo ci sono stati numerosi tentativi di raccontare la realtà che stiamo vivendo. Di sicuro l’andamento è verso un genere più drammatico, tragico, a volte horror. Del resto, il cinema è lo specchio della realtà che viviamo: non per forza bisogna raccontare il Covid in sé per sé, ma basta raccontare le sensazioni di irrequietezza e paura che esso ci provoca. Il cinema fa proprio questo mettere la nostra vita e le nostre emozioni sul grande schermo.
L’ultima tua grande soddisfazione è stata il Premio Carlo Bixio.
Sì, è un premio ospitato dal MIA e attribuito alle serie. Io ed il mio collega Matteo Bianchi abbiamo lavorato su quest’idea, scrivendo un concept di serie che poi è stato premiato come il migliore: “Il caso Serena Mollicone”. E’ una serie pensata per la tv, infatti il premio consiste in un contratto con la Rai di 12 mesi per la cessione dei diritti: la Rai ne valuta lo sviluppo e se va bene lo porta alla sceneggiatura, fino a girarlo. Ovviamente è ancora presto per dirlo, ma potrebbe accadere!
Pensi, quindi, che sipossa diventare per davvero registi e non rilegare il tutto ad un bel sogno, che non vale la pena inseguire?
La strada, anche per me, è ancora lunga. Quello che, però, voglio dire è che il Cinema esiste perché qualcuno lo ha creato, bisogna pensare che dietro tutto questo ci siano esseri umani come noi e non eroi con superpoteri magici. Quando ero più piccolo mi sembrava di essere circondato da cose grandi e irraggiungibili, poi ho capito che tutto è possibile. La chiave è studiare tantissimo, dedicare anima e corpo a ciò che stai facendo, non dormirci la notte se serve. Il consiglio che mi sento di dare a tutti è crederci, guardarsi tanto intorno, essere vigili, attenti, curiosi, tenere gli occhi aperti in ogni momento; solo così si possono raccontare Storie.
Inoltre ad Ariano stiamo pensando di creare alcuni laboratori estivi di videomaking con la compagnia teatrale “La Fermata”. Io sono indissolubilmente legato al mio paese, Ariano è spesso ispirazione o comunque sfondo di moltissimi dei miei lavori e se posso fare qui qualcosa, per aiutare tutti quelli come me, posso sinceramente dirmi soddisfatto. Abbiamo l’Ariano International Film Festival ed io sono sicuro che Ariano sia pieno di vita, pieno di giovani che vogliono fare e che hanno bisogno solo di crederci. Spesso quando si hanno delle passioni un po’ diverse o inusuali, si pensa che sia meglio omologarsi agli altri, che siamo noi gli sbagliati. In realtà non bisogna mai lasciar perdere i propri sogni, ma farli uscire fuori e cercare di realizzarli. Spero che queste mie parole possano aiutare moltissimi giovani arianesi a farlo, a conoscere un mondo che è alla loro portata, anche se magari ancora non lo sanno.