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NO alle carrozze per sole donne; SI ad una educazione scevra da pregiudizi e stereotipi di genere

di , Sabato, 11 Dicembre 2021

Da qualche giorno i maggiori quotidiani nazionali riportano la notizia di una petizione lanciata da una donna e supportata da tante altre donne, che richiederebbe una carrozza, quella di testa, riservata esclusivamente alle donne sui treni di Trenord. La petizione è stata lanciata dopo la duplice aggressione sessuale subita il 3 dicembre da due ragazze a bordo di due treni.
Questa ha quasi raggiunto la soglia delle 8.000 firme e tante, troppe donne, l'hanno ripresa, sostenuta e "ri-postata" sui social, evidenziando la necessità e l'impellenza di porre in essere questa possibile soluzione.

Ma farebbe bene, a ciascuno di noi, ricordare che viviamo in un Paese nel quale fino al 1956 era in vita lo jus corrigendi (ovvero, il potere correttivo del pater familias che contemplava anche la forza); fino al 1981, invece, vi era il delitto d’onore, l’istituto del “matrimonio riparatore”, che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando così l’onore della famiglia; e, ancora, in un Paese in cui, solo nel 1996, dopo circa vent'anni di iter legislativo, lo stupro ha smesso di essere un "delitto contro la moralità pubblica e il buon costume" per diventare reato contro la persona. 
In un Paese come il nostro, dunque, non ci è consentito l'errore di indietreggiare, neanche per un istante. È solo tempo di guardare avanti con assoluta determinazione, senza arrestare la nostra corsa.

E con questa notizia, ahimè, il pericolo di qualche piccolo passo indietro potrebbe concretizzarsi, senza contare l'elevatissimo rischio di non risolvere affatto il problema. 
La divisione di genere, quella netta, quella ben evidenziata, è tipica dei Paesi che di strada da fare ne hanno molta, troppa più di noi. E ghettizzarci da sole, chiuderci in una campana di vetro, non ci salverà e preserverà affatto dalla violenza, dal cat calling, dalla "cultura dello stupro", dal revenge porn, dallo stalking, dal victim blaming (colpevolizzazione della vittima), e da molte altre piccole e grandi cose che noi o qualcuno per noi ha normalizzato nel corso dei millenni.

Almeno non fino al momento in cui continuerà a sopravvivere l'immaginario che alimentava quelle leggi scomparse, in fondo, da pochissimi anni.

Non saranno suffienti le carrozze riservate né altre misure precauzionali fino a quando non avremo il coraggio di guardare dritto al cuore del problema.

Fino a che, entrando in un negozio di giocattoli, non saremo in grado di indignarci di fronte ai reparti maschili e femminili ben distinti tra loro, con quei giochini che stimolano l'ambizione e la creatività per i maschietti e quelli che invitano, invece, alla cura di sé e degli altri e all’accudimento per le femminucce.

Fino a che un uomo si sentirà ancora sminuito nello svolgere le faccende domestiche e nell'accudire i propri figli.

Fino a che una madre non potrà trasmettere il proprio cognome al/alla proprio/a bambino/a.

Fino a che una "donna in carriera" sarà considerata "una mamma e una donna egoista", pronta a trascurare la sua famiglia in nome della propria ambizione.

Fino a che ci riserveranno frasi squalificanti come: "Beh, guidi bene per essere una donna".

Fino a che tesseranno le nostre lodi attribuendoci peculiarità maschili: "Sei una donna con le palle".

Fino a che la vendita di uno spazzolino, di un telefono cellulare, di una macchina passerà attraverso la mercificazione del nostro corpo.

Fino a che solo una strada su cento sarà dedicata al nome e alla storia di una grande donna.

Fino a che un uomo di potere sarà per tutti "il capo, il Dirigente", mentre la donna continuerà ad essere "la signorina".

Fino a che non saremo TUTTI in grado di riconoscere  e di definire "violenza" una pacca sul sedere data senza il nostro consenso o un insulto squalificante che mina la nostra autostima.

Fino a che continueremo a minimizzare quella "pacca" o quell'insulto.

Fino a che il nostro uomo ci impedirà di trovarci un lavoro "altrimenti poi ai figli chi baderebbe?".

Fino a che ci verrà attribuita la colpa di quella violenza sessuale "perché la gonna era troppo corta, perché avevamo bevuto, perché in fondo ce la siamo cercata".

Fino a che il nostro fidanzato aggressivo e violento sarà descritto da tutti come "troppo innamorato e vittima della sua stessa gelosia"(poverino!).

Fino a che saremo retribuite, a parità di mansioni, meno dei nostri colleghi uomini.

Fino a che durante un colloquio di lavoro, il selezionatore di turno, ci chiederà: "Ha intenzione di sposarsi ed avere figli?".

Fino a che saremo costrette a scegliere tra quei figli e quel lavoro.

Fino a che le nostre atlete avranno compensi e indennità nettamente inferiori rispetto ai colleghi alteti maschi. 

Fino a che, in Italia, il 69% dei ginecologi della sanità pubblica continuerà ad essere obiettore di coscienza, cioè si rifiuterà di praticare le interruzioni volontarie di gravidanza, violando di fatto un diritto sancito da oltre quarant'anni dalla legge italiana. 

Fino a che il mondo della politica non capirà che, sebbene quelle famose leggi non trovino più spazio nella nostra giurisprudenza, quell'immaginario patriarcale che le teneva in vita ha lasciato, invece, segni profondi e continua a sopravvivere nei comportamenti e negli atteggiamenti di molti uomini. 

Ad un problema complesso è necessario fornire risposte complesse che affrontino la questione attraverso un approccio integrato. E dunque, accanto all'iter legislativo è necessario porre in essere un intervento sociale, culturale, formativo che consenta ai più piccoli e a ciascuno di noi di rifiutare quelle piccole e grandi ingiustizie avallate come "normali" da millenni di pregiudizi e stereotipi di genere. Solo così potremo continuare la nostra corsa, a testa alta, senza battute d'arresto e senza carrozze riservate ma solo attraverso lo strumento più valido e potente che abbiamo a nostra disposizione: la cultura.

Dr.ssa Nunzia Spinelli, Coordinatrice di servizi e progetti socio-educativi; collabora con Città di Ariano da febbraio 2020.