Muntari sorride come un bambino. Il passato è diventato remoto e il presente è una famiglia allargata che lo tratta come un figlio. Il futuro può attendere però Muntari Niger è felice così.
Arrivato in Irpinia, a Venticano, quattro anni fa, durante la prima emergenza Nord Africa, ha scelto di restare qui. E vive e lavora nell'albergo dove nel 2011 è stato sistemato dalla Protezione Civile dopo lo sbarco sulle coste siciliane. Da allora sembra passata un'eternità anche se l'emergenza è la stessa, sebbene non sia stata mai dichiarata dal Governo italiano.
Muntari fa il giardiniere, e a volte aiuta pure nel bar, e all'occorrenza fa da mediatore culturale e interprete con i connazionali africani che sono arrivati come lui a bordo di barconi sconquassati nelle ultime settimane. La storia si ripete. A Muntari è andata bene, ai suoi amici chissà. "Sono stato fortunato- esclama il giovane nigerino, fisico statuario e sguardo mite-. Ho trovato una famiglia che mi vuole bene e mi ha aiutato". E Muntari ricambia l'accoglienza prodigandosi a tenere in ordine il giardino e a pulire la piscina e i vialetti attorno al complesso alberghiero che è stata la sua prima casa italiana. A Venticano ha tanti amici, e un giovane imprenditore che gli ha dato fiducia e lo considera un fratello. Ha imparato molto presto l'italiano e anche le insidie della burocrazia del Belpaese. "Qui è tutto bello, c'è la pace- continua Muntari-, si vive bene. Mi manca il mio villaggio e i miei fratelli".
Forse un giorno ritornerà laggiù nella valle solcata dal fiume Niger come il suo secondo nome. Forse. Oggi si occupa anche delle incombenze quotidiane degli immigrati che alloggiano nella struttura dove Muntari lavora a tempo pieno. "Grazie Italia, grazie Irpinia"- ripete il giovane come un mantra. Gli occhi scuri e profondi sono attraversati da un lampo di felicità. Lo sguardo di Muntari è eloquente, e le parole rimangono in gola. Un ingorgo di emozioni che Muntari fatica a descrivere. Qui è davvero rinato. E sa di avere una missione: aiutare i suoi amici africani che non hanno avuto la sua stessa sorte. Poi inforca il tosaerba, e fa il segno della vittoria.