Mestieri contro la crisi - Pagnotta e la birra che sa d'Irpinia

di , Venerdì, 03 Aprile 2015

Investire sul territorio e resistere alla tentazione di andare via. Vito Pagnotta ha avuto fiuto, sicuramente anche fortuna, ma ancora prima molto coraggio. La speranza ha poi scritto la pagina più bella della storia umana e imprenditoriale di Vito. Tra la valigia e una scommessa aziendale ha scelto, senza alcuna esitazione, la seconda. E nella terra dei vini blasonati un giovane agronomo di Monteverde ha fatto da apripista a una nuova tendenza produttiva.

La sua avventura di 'mastro birraio', pioniere dei birrifici artigianali made in Irpinia, inizia davanti allo spettacolo naturale delle dorate distese di malto e cereali dell'azienda agricola Serro Croce, il colle più alto della valle dell'Osento, ultimo lembo campano che degrada nel Vulture lucano. Ettari fecondi di terreno appartenuti al nonno omonimo e da generazioni coltivati a grano sono un'eredità cospicua e un'impresa da portare avanti ma con una metodologia diversa. Nomen omen quello della famiglia Pagnotta vocata alla panificazione. Vito che ha studiato lo sa, ma non sa quello che lo aspetta.

MONTEVERDE

Però ci prova. E non se ne pente. Due lauree in Scienze e Tecnologie Agrarie, un master conseguito al Ministero delle Politiche Agricole lasciati molto presto alle spalle e un futuro da pianificare prima di conquistare il mercato e i palati di mezzo mondo con pinte di chiara e ambrata.

“Se non credi in quello che fai e vuoi fare da grande non ottieni mai nulla- esclama con tono perentorio Vito Pagnotta, trentaquattro anni il prossimo otto marzo, titolare dell'azienda Serro Croce che lavora e trasforma i cereali prodotti nella contrada-. La birra da filiera agricola è un prodotto di nicchia, non è certo un prodotto industriale, ma proprio per questo piace”.

E piace anche ai tedeschi che se ne intendono e l'hanno premiata di recente con l'Oscar Green, ovvero il massimo riconoscimento che viene conferito ai migliori produttori. La birra che sa d'Irpinia è diventata un fenomeno, non solo di mercato: la nota trasmissione Rai, Geo&Geo, le ha dedicato di recente una puntata intera. 'Serro Croce' è diventato un marchio di successo e garanzia grazie a un aroma inconfondibile e un sapore particolare ottenuto con l'utilizzo esclusivo delle materie prime più pregiate dei campi che vengono preparati appositamente con un buon letto di semina. Tecniche antiche e pratiche moderne si alternano nella nutrizione delle piante. “La qualità del malto- spiega Vito- determina ovviamente quella della birra che si ottiene. L'ambiente, il microclima, il tipo di terreno, l'areale di coltivazione e la tecnica di lavorazione sono fattori che appunto influiscono molto sul cereale. Per la fabbricazione della birra poi rispettiamo diversi requisiti produttivi”.

La cantina ha i suoi ritmi e i suoi silenzi. E' il luogo dove nascono le birre e dove Vito Pagnotta trascorre gran parte del suo tempo in attesa di quell'evento produttivo che inebria l'ambiente di profumi intensi. La tecnica di produzione è antica e metodica.Il malto viene macinato mediante lo spezzettamento dei chicchi, poi è immesso in acqua calda e portato all'ebollizione. In questa fase vengono aggiunti i diversi tipi di luppoli, ingrediente fondamentale per aromatizzare e migliorare la conservazione del prodotto finale. A ebollizione ultimata vengono inseriti i lieviti: così inizia il processo di fermentazione che dura dagli otto ai dieci giorni. Solo dopo si avvia la fase di maturazione che può variare dai venti ai trentacinque giorni. Raggiunto lo stadio desiderato la birra è pronta per l'imbottigliamento e la rifermentazione in bottiglia. Segue ancora un periodo di riposo prima che la birra Serro Croce possa essere distribuita e degustata.

“Alla base delle scelte di vita che ho fatto- sostiene infine Pagnotta- c'è veramente una passione sconfinata per questa terra, per le sue risorse naturali. Abbiamo un serbatoio di potenzialità ma, spesso, non le sappiamo o non le vogliamo sfruttare. E' più comodo e più facile lamentarsi sempre o andare via da qui. Restare invece richiede una forza d'animo notevole. Sfruttare con intelligenza i nostri territori non è una missione impossibile: basta solo un po' di buona volontà. Per me è stata una sfida innanzitutto con me stesso poi con chi mi considerava matto quando ho deciso di avviare il birrificio e puntare su una produzione innovativa. Ai nostri figli dobbiamo insegnare ad amare questa terra”.



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