L'arte povera è come Cenerentola ma per Giotto Faugno è in assoluto una regina.
Sguardo miope e manualità magica. Il giovane artigiano di Mirabella Eclano si rintana per un anno intero nella sua bottega, angusta e silenziosa. Un piccolo nido zeppo di steli essiccati, plastici e profumo di campi che irrita le narici più sensibili.
La vita, e la passione di Giotto è tutta racchiusa qui in pochi metri quadrati che sprofondano poi nelle viscere eclanesi dove inizia un altro mondo e un'altra inclinazione artistica, quella presepiale.
Giotto, stesso nome e stessa vocazione del nonno paterno, si concede solo tre settimane d'aria, e di pubblica gloria, quando come un equilibrista si arrampica sulla sagoma lignea della macchina per allestire l'obelisco dell'Addolorata, quello della grande tirata, che ha fatto il giro del mondo per celebrità e superbia artistica. Un capolavoro antico realizzato con un materiale semplice e povero: la paglia. E nelle campagne del medio Calore se ne produce così in abbondanza da consentire a Giotto di lavorarla senza sosta, anno dopo anno. La fecondità cerealicola è fecondità artigianale.
Dal creato che dà alla creazione di opere d'arte e artigianato locale che Giotto Faugno fa con naturalezza e duttilità sorprendenti. Non c'è trucco e non c'è inganno in quegli intrecci realizzati con l'impiego di steli sottili che solo l'abilità di Giotto sa modellare fino alla realizzazione di veri e propri capolavori vintage. Le dita agili sfiorano la paglia che si piega e non si rompe come in un gioco di prestigio che incanta chi osserva la ripetitività di un lavoro che in passato generazioni di artigiani svolgevano con estrema scioltezza. E oggi quella maestria remota, elegante ed esclusiva, fa invidia a chi non la possiede. Questione di tecnica, acquisita e affinata nel tempo, e di genetica, ereditata e sfruttata.
“Devo molto a mio nonno, sicuramente- esclama Giotto che da piccolo provava disagio a scuola per quel nome altisonante e desueto-. Da lui ho imparato e apprezzato questo mestiere che mi consente di esprimere appieno la mia natura, la mia predisposizione. E poi ci vuole tanta, tanta pazienza a lavorare la paglia, ma una volta che si comincia, e ci si appassiona, non vuoi smettere più. E pensi che questo sia il lavoro più bello e più creativo del mondo”.
Un lavoro, appunto. Per Giotto non è più e non è solamente una passione ma è diventato nel tempo un lavoro a tutti gli effetti con orari e scadenze, commissioni pubbliche e private da assecondare e pure rogne burocratiche da sbrigare.
L'artista della paglia smanetta sul pc: da qualche tempo, e per stare al passo coi tempi, ha dovuto allestire un sito per pubblicizzare i lavori della sua bottega e la sua arte insolita.
“Insolita sì- spiega Giotto sfoderando un sorriso che gli illumina lo sguardo dietro le lenti- perché nessun mio coetaneo si sognerebbe mai di intraprendere un simile mestiere ritenuto umiliante e magari pure poco remunerativo. Le soddisfazioni però che dà nessuno mai potrà capirle. E alle volte sono proprio queste gratificazioni a invogliarti, e a convincerti che hai fatto la scelta giusta”.
Giotto è famoso sicuramente per la creazione dell'obelisco dorato, ma sta diventando noto anche al di fuori dei ristretti confini locali per quella di bomboniere, sculture elaborate e originali, presepi barocchi, cornici su misura, sedie impagliate e oggetti d'arredo ricavati sempre e solo dalla lavorazione della paglia, il più povero elemento naturale. E la sua fama artistica lo precede tanto che a Nola, la città dei gigli che hanno già avuto il riconoscimento Unesco di patrimonio dell'umanità, Giotto Faugno ha esportato e fatto molto presto conoscere e apprezzare la sua vena di 'impagliatore' tipica delle genti contadine di un'Irpinia intrisa di quel sudore e di quel mestiere tanto ricercato a suo tempo. Un tempo perduto ma da Giotto ritrovato prima nei racconti del nonno omonimo poi nella bottega dove ha imparato molto presto quel mestiere tramandato che ha segnato la sua vita e deciso la rotta del suo destino.
“Mi piacerebbe poterlo insegnare ai più giovani- conclude Giotto mentre manipola la paglia al punto giusto di essiccazione-. Solo quando preparo il carro sono circondato da ragazzi, più curiosi che operativi però. Sarebbe bello aprire una scuola di lavorazione della paglia qui a Mirabella”.