Il passato recuperato, e archiviato, è diventato un museo degli oggetti abbandonati dagli altri e valorizzati da un giovane artigiano di Bonito. Gaetano Di Vito, 38 anni, in due decenni ha ricostruito le epoche, anche le più remote, mettendo in fila ninnoli e ricordi. Un po' 'robivecchi' e un po' archivista. Nostalgico e conservatore, ma soprattutto appassionato di cose d'uso comune.
Da quando era un ragazzino assai curioso preferiva collezionare non biglie né figurine Panini bensì cimeli, pezzi rari d'antiquariato e modernariato, attrezzi agricoli e poster elettorali con il simbolo della 'Stella e Corona' del senatore, suo conterraneo, Alfredo Covelli. Amici e conoscenti lo hanno aiutato nel tempo a mettere su un vero e proprio museo. Gaetano è stato molto presto costretto a traslocare tutto il materiale dal locale primitivo e troppo angusto di via Roma, nel centro di Bonito, alla casa di vico Masiello donata al giovane collezionista dalla nobildonna e benefattrice locale, Rosaria Pagella, poi passata a miglior vita. E' qui che adesso ha trovato una sede più dignitosa e spaziosa il museo allestito senza risparmio di energie da Gaetano Di Vito.
“La mostra museo permanente- ci racconta il falegname che alterna il lavoro di bottega alla passione smisurata per tutto quanto racconta il passato e la storia di queste contrade al confine tra Irpinia e Sannio- è il frutto di un lavoro di raccolta che va avanti da ventisette anni, da quando ho scoperto di avere un culto profondo per le tradizioni e per gli oggetti che facevano parte della quotidianità dei nostri antenati”. Le stanze dell'appartamento sono zeppe di oggetti di ogni risma e fattura, quadri, stampe, vestiario, mobili, strumenti: c'è di tutto, e anche di più. Persino i cassettoni dei mobili non riescono più a contenere il materiale raccolto da Gaetano in giro per le campagne e le masserie della zona. In una stanza pendono dal soffitto le prime luminarie realizzate dai fratelli Curcio, e i manifesti politici dell'onorevole Covelli, e ancora le lampade a petrolio e i lampadari a gocce che abbellivano i palazzi nobiliari del comprensorio.
Quattro pareti lungo la rampa di scale che collega i piani dell'abitazione-museo sono tappezzate di immagini sacre, volti di santi e madonne, ex voto e dipinti a olio. Una galleria fitta di opere d'arte che stordiscono e disorientano i visitatori. Tra i pezzi unici recuperati da Gaetano durante le sue febbrili attività di ricerca vi è persino un pezzo venuto dal cosmo: un frammento grigioperla di meteorite scovato per caso nei campi anni addietro e conservato gelosamente in una nicchia.
E' incalcolabile il numero di pezzi conservati, ed è stata un'impresa per Di Vito tentare di catalogarli. “Eppure ricordo uno a uno dove li ho posizionati- spiega soddisfatto delle sue collezioni Gaetano-. Il frammento di meteorite l'ho fatto esaminare da un esperto che mi ha confermato la sua natura siderale. Ma ho altri oggetti rari e preziosi, e documenti storici di pregio, ma preferisco non rivelare altro”. Il museo è un quartiere blindato, a prova di furto. E non potrebbe essere diversamente considerato il patrimonio custodito. “Ho impiegato veramente una vita ad allestirlo- esclama il falegname collezionista di Bonito- ma sono convinto che pure questa struttura tra non molto sarà satura, e non potrà contenere altro materiale che sto recuperando”.
L'oggetto più antico esposto nel museo risale al '600, quello più moderno alla seconda metà degli anni '50. In mezzo c'è un'infinità di oggetti collezionati con meticolosità certosina ed esposti in base alle categorie sociali e professionali. Una stanza intera è addobbata con abiti sacri, da cerimonia e paramenti liturgici solenni, da sposa e da balia. Non manca davvero nulla nel museo delle cose perdute di Gaetano Di Vito. Manca forse solo la costanza di riuscire a vedere tutto quanto è contenuto. Solo il giovane collezionista del tempo non si perde tra gli oggetti che sbucano dappertutto. Questo è il piccolo mondo antico di un ragazzo di paese cresciuto nel culto della memoria del passato e nel rispetto della storia quotidiana degli oggetti che non si usano e non si trovano quasi più. Gaetano si muove lesto tra arnesi e cassapanche, vasellame e utensili d'inizio novecento spolverati e riordinati settimanalmente dal giovane che ha fermato il tempo in una casa.