Maradona sarà sempre Maradona. Mito, leggenda, icona. Un personaggio storico, più che sportivo. Già perché sfido chiunque ad associare all’Argentina un personaggio diverso da Diego Armando Maradona. Lasciamo stare la stucchevole polemica su chi sia stato il più forte calciatore di ogni tempo, lasciamola stare. Maradona è stato uno di quelli che hanno segnato la storia dello sport come pochissimi altri, pochissimi. Maradona ha significato il riscatto sociale dell’Argentina prima (che non ha vinto titoli mondiali, né prima e né dopo di lui), di Napoli poi (che non ha vinto scudetti, né prima di lui e né dopo di lui).
Maradona ha significato gol: belli, bellissimi, memorabili. Solo uno come Diego può segnare, contro gli odiati inglesi, un gol di mano e uno meraviglioso. Quella cavalcata solitaria, con un popolo dietro a spingerlo, sotto la luce divina dell’Azteca di Città del Messico. Dio e Satana in un solo uomo. Divino in campo, umano fuori. Troppo umano.
L’ultimo grande gol della sua carriera Maradona lo ha segnato contro la Grecia, ai Mondiali di Usa 1994. Una segnatura di pregevole fattura, come ci hanno insegnato a dire i maestri Ciotti e Ameri. Una serie di passaggi e la sua stoccata precisa sotto l’incrocio dei pali della porta del povero portiere ellenico. Qualche istante dopo quello sguardo, a cercare la telecamera: mefistofelico, satanico, quasi maligno. Dio e Satana. Un uomo baciato da un così grande talento non poteva che combattere ogni giorno della sua vita terrena contro dei grandi demoni. Eccessi, che certamente non gli hanno allungato la vita, ma che ne hanno accresciuto ancora di più la venerazione.
Maradona è stato quasi tutto quello che un essere umano può essere nella sua vita terrena. Più di tutti è stato un capopopolo. Un Masaniello, con il pallone tra i piedi. Maradona, dal 25 novembre 2020, è stato. Dal 25 novembre 2020 Maradona sarà. Maradona sarà sempre Maradona. Ciao Diego, ci hai fatto piangere anche tu in questo maledetto anno. Ma ti perdoniamo anche questo. Adesso perdonati anche tu.