Mancata estradizione, un diniego di giustizia.
L’istituto dell’estradizione è finalizzato a garantire una collaborazione fra gli stati nella lotta
contro la criminalità, mediante la consegna da parte di uno Stato, di un individuo, che si
trovi nel suo territorio, ad un altro Stato perché venga da questo sopposto a giudizio penale.
La ratio dell’istituto è l’esigenza di giustizia, garantire che venga fatta giustizia secondo la
legge del nostro ordinamento giuridico interno, evitando casi di diniego di giustizia.
Purtroppo è ciò che accade laddove l’estradizione non viene concessa dallo stato estero, ed
anche quando tale procedimento richiede lungaggini eccessive.
Ieri la Cassazione francese ha confermato il rifiuto della Francia all’estradizione dei 10 ex
brigatisti degli anni di piombo in Italia.
Per i 10, di cui 8 uomini fra i quali Giorgio Pietrostefani, condannato per l'omicidio
Calabresi, e 2 donne (le ex Br Marina Petrella e Roberta Cappelli), il tribunale francese aveva
già negato, il 29 giugno dello scorso anno, l'estradizione chiesta dall'Italia.
Un assoluto diniego di giustizia al quale non si può rimanere in silenzio, in particolare data
la motivazione della Corte assolutamente inaccettabile e priva di fondamento giuridico.
La presidente della Chambre de l’Istruction aveva motivato il rifiuto con il rispetto della
vita privata e familiare e con il diritto ad un equo processo, garanzie previste dagli articoli
8 e 6 della Convenzione dei diritti dell’uomo. Di segno opposto il pensiero del Presidente
della Repubblica francese, Emmanuele Macron, il quale il giorno successivo aveva
affermato che: “quelle persone, coinvolte in reati di sangue, meritano di essere giudicate in
Italia”. Successivamente, però, Rémy Heitz, in rappresentanza del governo, aveva
presentato un ricorso alla Corte di Cassazione ritenendo necessario appurare se gli ex
terroristi condannati in Italia in contumacia beneficeranno o meno di un nuovo processo se
la Francia li consegnerà. Il procuratore contestava la decisione del tribunale sulla presunta
violazione della vita privata e familiare degli imputati e difatti nel dispositivo della sentenza
si legge che: “la corte di Cassazione, respinge i ricorsi presentati dal procuratore generale
presso la Corte d’Appello di Parigi contro le decisioni della Corte d’Appello, ritenendo che
i motivi addotti dai giudici, che discendono dal loro appezzamento sovrano, sono
sufficienti”.
La Cassazione conclude affermando che: “il parere sfavorevole sulle richieste sfavorevoli
alle richieste di estradizione è, in considerazione di ciò, definitivo”.
Il dettaglio più discutibile ed assolutamente non condivisibile è quando la Cassazione scrive
che i “rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una situazione famigliare stabile (...) e
quindi l’estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al loro diritto ad una vita
privata e familiare”.
La riflessione che sorge spontanea a tale illogica motivazione è l’assoluto mancato rispetto
del principio di proporzionalità della pena, uno dei principi cardine del nostro diritto
penale, il quale esige che la pena debba essere proporzionata al fatto commesso, in modo
che il sistema sanzionatorio adempia, nel contempo, alla funzione di difesa sociale e a quella
di tutela delle posizioni individuali.
In merito al caso di specie, si pensi al danno sproporzionato che hanno arrecato uccidendo
dei mariti e padri di famiglia. Non c’è assolutamente compatibilità con il diritto ad una vita
privata e familiare.
Si pensi che queste persone, pur avendo commesso reati di tanta gravità non verranno
sottoposti ad un giusto processo penale.
Una decisone assolutamente sconcertante che ha scaturito tanto sgomento, con l’auspicio
che la giustizia italiana intervenga per rimediare a tale inammissibile statuizione della
Cassazione francese, non mancando riflessioni che ci inducano a comprendere che tale
mancata estradizione sia frutto di una questione principalmente politica e dunque trattenere
queste persone in Francia sarebbe stata una posizione più politica che giuridica.
A cura dell’Avv. Guerino Gazzella - 30/03/2023