tratto dal blog lacod@delgatto di Luigi Gagliardi
Perché poi uno decide di andare, di chiudere la porta e partire? Sfuggire dal pericolo di un’esistenza misera, affondare nella melma antica sotto il proprio campanile?
I motivi dopo dieci anni di assenza sono due: la disperazione di ricavare dalle proprie capacità, laddove queste sono vittima dei dottoroni del paese, e feticismo del patire: mi sono ripetuto sempre che, se avessi mai fallito, avrei dovuto farlo lontano dagli occhi speculatori che affacciano dalle finestre della mia piazza.
Il mio paese a tal proposito è un vero e proprio archivio di gelosia e invidia: c’è chi fa domani quello che avrebbe dovuto fare due anni fa, chi si nasconde dietro le tende per spiare il vicino, chi è operaio nella più antica fabbrica del mondo, quella di passare il tempo.
Questo vecchio paese mi fa pensare a quei ragazzini che, quando li si sveglia al mattino dopo una settimana di febbre fanno resistenza per andare a scuola, non vogliono lasciare il letto: si sono così abituati ad essere malati e serviti che hanno perso la voglia d’aria pulita del mondo esterno, la grazia del rischio di sbucciarsi un ginocchio.