"La lingua madre con cui siamo nati e abbiamo imparato a orientarci nel mondo, non è un guanto, uno strumento usa e getta. Essa innerva la nostra vita psicologica, i nostri ricordi, associazioni, schemi mentali. Le parole hanno una forma e una struttura, occupano uno spazio linguistico e culturale, e rivestono un ruolo sociale".
Quanto affermato da Tullio De Mauro, è evidente, mira a indurci a una riflessione quanto mai attuale: le parole non sono solo parole, ma azioni, fatti, comportamenti, esempi.
Pare che ciascuno di noi pronunci, in media, circa 7mila parole al giorno e questo è sufficiente per intuire quanto sia complesso stimarne l'effettivo valore.
Qualcuno diceva: "Le parole sono pietre", e sembrerebbe che di questi tempi ci sia una estrema necessità di dare valore alle parole, per dare valore alle persone.
Prendersi cura delle persone, e in particolar modo dei più piccoli, oggi più di ieri, vuol dire prendersi cura delle parole e quindi delle emozioni ad esse correlate.
La popolare espressione "le parole se le porta via il vento", è valida solo per quelle che non ci riguardano, che non ci toccano. Le altre, quelle che hanno a che fare con noi, contano eccome: non volano via, anzi, restano lì, agendo sulle nostre emozioni, fino a giungere in profondità.
Esse costituiscono la base delle nostre relazioni, e il corretto uso che ne facciamo, ha il grande potenziale di migliorare o peggiorare le nostre vite, di orientarne il senso.
Ci siamo mai realmente chiesti quale peso e quale influenza abbiano le nostre parole sulla dimensione emotiva e sull'identità dei nostri figli?
Quale peso e quale influenza abbiano frasi come: "Non sei capace, lo faccio io", "Non si piange per questa ragione" o ancora "Se fai così, non ti voglio più bene"?
E se quel "Non sei capace, lo faccio io", provassimo a trasformarlo in "Mi sono reso conto che, in realtà, questa cosa è un po’ difficile: proviamo a farla insieme"?
E se quel "Non si piange per questa ragione", diventasse "Capisco ciò che stai provando, capita spesso anche a me di essere triste, ne parliamo"?
E se provassimo a comprendere quanto l'espressione "Se fai così, non ti voglio più bene", metta in discussione il cuore del legame d'amore con il bambino?
I più piccoli devono crescere con la sicurezza di essere accolti in ogni caso, anche dinanzi a un comportamento convenzionalmente deprecabile: a noi il compito di dimostrargli che ci sono comportamenti che meritano approvazione ed altri no, senza mai minare l'amore che sta alla base della relazione.
Questa mia riflessione è anch'essa inevitabilmente intrisa di lettere, parole e frasi, ma, ciò nonostante, ha la piccola ambizione di sollecitare chi avrà voglia di leggerle ad un'ulteriore riflessione su quanto le parole possano, o debbano, essere un ponte tra il mio pensiero e il vostro.
Dr.ssa Nunzia Spinelli, Pedagogista e Coordinatrice di servizi socio-educativi