L'emergenza sociale - Sayef e il futuro sospeso

di , Martedì, 12 Maggio 2015

La lunga attesa dei migranti per ottenere lo status di rifugiato. Sono 750 i profughi presenti in Irpinia

Sayef studia le prossime mosse sulla scacchiera di cartone che ha creato per passare le giornate in un agriturismo del medio Calore dove dimora dalla primavera dello scorso anno. Scaccia così la noia e i pensieri tristi. E' partito da un piccolo e sperduto villaggio a nord di Lagos, Nigeria, un anno e mezzo fa.

Ha viaggiato giorno e notte con i carovanieri del deserto, trafficanti di esseri umani e mercanzie che solcano le foreste e il Sahara per sbucare in Libia, sulle sponde del Mediterraneo. Stesso viaggio avventuroso, stessa sorte per Mohammed, Gamal, Yunus. Stesso sguardo profondo attraversato da lampi di rabbia.
E' un futuro sospeso quello dei giovani africani in attesa di un responso.

Immagine di Cittadiariano.it

Arrivano quasi tutti dall'Africa sub-sahariana e raccontano di guerre, carestie, persecuzioni lasciate oltre il Canale di Sicilia. Un braccio di mare separa la morte dalla vita, la speranza dalla disperazione, Il Mediterraneo è un ponte tra due mondi vicini eppure distanti.

Sayef è partito per scommessa su un barcone sconquassato. Oggi non sa più nulla di quanto avviene nel suo paese, e poco gli importa. Si è salvato e questo già gli basta per andare avanti anche se ora sembra tutto più difficile e immobile. Il suo villaggio ha un nome impronunciabile, e Sayef giura che un giorno, forse, ci ritornerà per aiutare i suoi fratelli.

"Sono preoccupato per loro- ci spiega in inglese il giovane nigeriano-. Non ho più notizie e per il momento penso a costruirmi un futuro qui in Europa. Voglio lavorare e avere una vita normale".

Sospira e guarda le pedine. Non è rassegnato ma solo snervato da un anno di attesa per avere lo status di rifugiato. Fuori ci sono i panni stesi al sole ad asciugare e un gruppetto di ragazzi senegalesi e maliani giocano a pallone nel giardino diventato campo di calcio.

I nuovi compagni d'avventura di Sayef hanno storie simili e arrivano dal Gambia, dal Niger, dal Mali, Paesi devastati da conflitti, miseria e malattie. Hanno superato insidie umane e naturali e adesso la loro speranza si è arenata nelle stanze degli alberghi irpini che li ospitano. "Il mio Paese è sempre in guerra- esclama Mohammed, uno dei pochi a parlare più fluentemente l'italiano-. Ci sono tanti terroristi legati all'Isis. Qui almeno state in pace".

Gli altri amici lo ascoltano in silenzio. L'aria si fa greve quando si rivanga il passato che sembra remoto eppure non è ancora passato nelle menti di questi giovani africani in bilico tra la permanenza e il rimpatrio, tra la legalità e la clandestinità.



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