Sarà la bellezza il tema dell’edizione 2015 del meeting le 2ue Culture, che si è chiuso ad Ariano Irpino con l’intervento del premio Nobel Oliver Smithies e l’annuncio da parte del presidente di Biogem Ortensio Zecchino di importanti linee progettuali per l’immediato futuro: il potenziamento degli studi su “geni e ambiente”, lo sviluppo di una “protein factory” e un segmento di ricerca dedicato ai trapiantati che, secondo gli ultimi dati, sono 3 volte più esposti al rischio di malattie oncologiche.
La giornata finale, apertasi con l’omaggio a Giuseppe Mercalli e la sessione sull’oblio delle memorie, ha visto l’intervento del prof. Fabrizio Benedetti dell’Università di Torino, Istituto nazionale di neuroscienze, che ha approfondito il rapporto tra l’effetto placebo e la memoria farmacologica, ponendo interrogativi anche rispetto a fenomeni come il doping sportivo. Dall’effetto placebo all’efficacia simbolica e terapeutica degli sciamani, il passo è stato facile con l’arrivo sul palco del noto antropologo Marino Niola che ha tracciato un imponente percorso di rivisitazione del concetto di memoria nell’era digitale “che produce conseguenze paragonabili a quelle introdotte dalla scrittura, creando e ricreando le percezioni della persona e dei suoi fondamenti come la memoria e come l’oblio che della memoria è una funzione”.
Nella sua esposizione, Niola cita Levi-Strauss Shekespeare, Borges, Platone, Aristotele, Bauman. “Il digitale – sostiene - trasforma la concezione dell’io. Ce ne siamo accorti 2 anni fa, quando le statistiche hanno certificato che il numero degli abbonamenti telefonici ha superato quello delle persone. Le sim sono diventate più degli uomini, facendoci passare da ‘esseri pensanti’ a ‘unità comunicanti’. In un certo senso – osserva l’antropologo - siamo ‘server’ e ‘provider’ di noi stessi, perché l’individuo è immateriale e la comunicazione diventa memoria. La civiltà della connessione permanente realizza la transizione dal “cogito ergo sum” al “digito ergo sum “o se preferite – aggiunge Niola col sorriso e tra gli applausi - “ergo sim”.
In questo contesto di virtualità diffusa, il tablet è anche fonte di un sapere che prima aveva una forma diversa. “C’è una Biblioteca di Alessandra digitale sempre a nostra disposizione, anche se non è nostra. Ne abbiamo usufruito, ma non ci appartiene – sottolinea Niola - La usiamo quando ci serve, ma ha a poco a che fare con il nostro cuore e la nostra mente. Non è un caso che l’etimologia della parola ricordo ci riconduce alla parola latina ‘cor cordis’ che significa cuore. Ricordare qualcuno o qualcosa significa avere a cuore qualcuno e qualcosa. E’ significativo che nella storia, i grandi saggi avevano anche una memoria prodigiosa, erano banche dati viventi. Dominavano lo scibile ricordandolo. Oggi, la vita è interinale, flessibile, mobile e anche la memoria perde profondità e conquista orizzontalità e se è vero, come affermava Cicerone che la memoria è custode della conoscenza, allora bisognerà entrare in una nuova dimensione, in cui ci dovremmo porre la domanda “cosa vale la pena di trattenere? Cosa veramente serve per il futuro?”
Il sapere è talmente vasto, insomma, che la cosa che conta sarà scegliere cosa detenere nella nostra mente e cosa attingere dalla tecnologia in quello che Niola definisce un “nuovo compromesso tra tenuta personale e supporti digitali”. Il professore del Benincasa si sofferma infine sulla digitalizzazione della morte, sui profili facebook che sopravvivono agli uomini, sul cordoglio 2.0, le esequie in rete, le community del dolore ovvero sull’io immateriale che sopravvive a quello materiale. “L’aldilà – conclude Niola - ricorda anche alla rete che non è immortale, determinando un corto circuito tra assenza fisica e presenza tecnologica”.
Il Premio Nobel Oliver Smithies ha ripercorso di fronte alla platea di Biogem la sua lunga carriera: 60 anni da scienziato, attraverso gli studi sul Dna, i gel e lo sviluppo della tecnica del gene-targeting per la quale ha ottenuto il massimo riconoscimento internazionale. Rispondendo ai giornalisti, ha messo in luce una insospettabile differenza tra la ricerca americana e quella europea. “Uno dei problemi negli Stati Uniti – ha evidenziato Smithies – è che è difficile ottenere finanziamenti per esperimenti coraggiosi, dall’esito incerto e non prevedibile, pertanto dotati di un forte potenziale innovativo. In Europa invece è più facile avere sostegno per idee di questo tipo”. Di Biogem ha detto: “E’ una grande avventura di successo. L’impressione è che sia un posto dove c’è molto entusiasmo e ho apprezzato l’intenzione di farne anche un luogo esteticamente bello e culturalmente stimolante. Cose che migliorano la ricerca”.
Consegnato in serata il premio letterario “Maria Antonia Gervasio”per la migliore opera di divulgazione scientifica. E’ risultato vincitore Marco Delmastro con “Particelle familiari. Le avventure della fisica e del bosone di Higgs, con pulce al seguito” (Editore Laterza, Roma-Bari 2014) che ,secondo la giuria composta da Rosanna Sornicola, dal direttore scientifico di Biogem Mario De Felice e da Michele Farisco (segretario) è “un esempio significativo di dialogo possibile tra campi diversi del sapere”.