di Luigi Gagliardi lacod@delgatto
La mia terra è un viaggio che non parte mai, è un anziano saggio che conosce mille avventure senza mai essersi alzato dalla scannatoio di pietra. La mia terra sa inseguire i sogni fino ai colori dell'alba, fino a quando non si sveglia. La mia terra è il centro del confine tra la Daunia e il Tiburno, dove il limite è in comune come l'Inquietudine che vi è regina. La mia terra non conosce il mare ma ha sorrisi di sabbia e sole e ha lacrime di sale. La mia terra ha una lingua strana che non è nè pugliese nè campana con cui si raccontano ai nipoti storie di re contadini. Il mare di giallo grano, che si muove anche di notte solcato dai venti che spirano dal Molise, è gioia e dolore, fortuna e moneta dei suoi naviganti, che per quelle onde mai hanno perso la rotta tra la tempesta e l'amore per questi luoghi. La mia terra è un braccio che ammanta con amor di madre, è un padre che sferza con la cinghia, è un ponte tra unisce figli e figlie lontani, è l'oceano da dove scappare per non naufragare. La mia terra accoglie il girovago che come moderno Ulisse viene nutrito e lavato, prima ancora che gli venga chiesto quale sia il suo nome o il paese in cui è nato. La mia terra aprire le sue porte, mani e le vele sul suo mare di giallo grano verso un'estate che pare non arrivare mai.