Ieri al Cine Teatro Partenio c’e stata la proiezione del docufilm “la legge del terremoto”, a 41 anni dalla tragedia. L’orario dell’appuntamento è stato fissato per le 19.34, si scatenò l’inferno in quella sera mite del 23 novembre 1980. Il lavoro di Alessandro Preziosi, presente in sala, ha ricalcato quelle che sono state le tragedie in Italia, da Nord a Sud, dovute al terremoto, con una particolare attenzione a quello del Belice del 1968.
Prima della proiezione Alessandro Preziosi ha fatto riferimento alla sua adolescenza, lo spostamento a Napoli all’età di 7 anni dopo che la terra produsse il suo moto distruttivo. “L’adolescenza te la porti dentro, ho avuto la forte sensazione di essere un Preziosi. L’appartenenza è quella”.
Un documentario studiato per conservare la memoria e non per denunciare, l’attore precisa: “ricostruire le case è difficile, le coscienze altrettanto”. Da ciò ne deriva l’estrapolazione di quelle che possono essere le opportunità per una comunità. Voci importanti nel docufilm tra cui quelle di Erri De Luca, Giulio Sapelli, Francesco Merlo, Pierluigi Bersani, Vittorio Sgarbi. Viene fuori l’indissolubile volontà degli italiani di aiutarsi gli uni con gli altri. Preziosi prende spunto da una citazione di una poesia di Erri De Luca : “Cammin che a me ce pens ‘o vient” per mettere in risalto il perdono verso la città con la creazione molteplice di occasioni per riconciliarsi. Del suo docufilm Alessandro Preziosi, ringrazia il produttore Tommaso Mattei, evidenzia anche la tenerezza che ne emerge.
Dopo la proiezione, accompagnata da uno scroscio di applausi del pubblico numeroso presente in sala, l’attore avellinese racconta che questa idea nacque da un incontro con Mattarella relativo al terremoto del Belice. Sottolinea, inoltre, il tema relativo ai terremoti emotivi: nel suo caso essere padre in giovane età oltre alle delusioni che sono parte della vita. Non dimentica il covid che ha cambiato la parte pretestuosa nella percezione dell’impegno, portandolo a dedicare il suo tempo con l’orgoglio di essere italiano. Dice: “il terremoto ti spinge fuori, il covid ti costringe a stare dentro”. Aggiunge: “Spero sia arrivata la percezione di essere italiano, avellinese, napoletano. La maturità è tutto diceva Cesare Pavese, questo è un primo passo”.
Si sofferma anche sulla scrittura del docufilm, relativa, in quanto è tutto un pullulare di riscritture. Il trio formato da Tommaso Mattei, Carmelo Pennisi e Alessandro Preziosi ha agito nell’intento, a detta di quest’ultimo, di non rendere retorico il documentario anche se una certa retorica è necessaria. Immagini della Rai, dell’Istituto Luce, che rappresentano solo un quarto di quelle da cui si può attingere. Preziosi fa un’altra citazione, tirando in ballo Borges: “scrivete sulla sabbia pensando di scrivere sulla pietra”.
Il rapporto con la sua città: “Il mio rapporto con Avellino è fatto di odori, di luci, del Corso, di Mercogliano, delle prime bracciate, di andare allo stadio e tifare Napoli e non Avellino (ride), il circolo del nuoto, mio padre che ebbe difficoltà quando seppe che il documentario lo finaziavano. Si aprì in un sorriso. L’ho dedicato a lui, Avellino ha tanto da dimostrare. Si sta riprendendo”. Conclude ironicamente, dopo che il sindaco Festa non ha mancato di omaggiarlo: “Alle prossime elezioni ci proverò per essere eletto primo cittadino, un ‘idea di Giunta ce l’avrei. Se lui vuole fare il vice va bene”.