L'inizio del nuovo anno scolastico è occasione per il Vescovo Mons. Sergio Melillo di rivolgere il suo augurio agli studenti. Di seguito il messaggio integrale.
Cari ragazzi!
Permettete al “nuovo” Vescovo di rubare un attimo del vostro tempo, per presentarmi, all’inizio del nostro cammino insieme. È quasi un mese che sto in mezzo a voi, e sono ogni giorno di più felice di starci. Veramente se fossimo sui social, per ogni giorno di queste mie prime settimane come vostro Vescovo, l’hashtag sarebbe #quiètuttofantastico.
Ricordo, con una certa nostalgia, il tempo in cui ero io ad occupare i vostri banchi. Era – e per voi continua ad essere – il tempo di mille tensioni in conflitto tra loro: il tempo di grandi paure e di grandi progetti, in cui si è timidi e spavaldi insieme; il tempo in cui si ha coraggio da vendere, e continuo bisogno di essere incoraggiati. E sempre, dietro ad ogni pensiero che vi tiene in tensione, c’è una domanda di felicità autentica.
Questa domanda, alla vostra età, ha inquietato anche me. Un giorno potremo parlarne a tu per tu con più calma, vi anticipo già qualcosa, in confidenza. Dalla città dove sono cresciuto e dove studiavo, questa domanda mi ha portato, più o meno alla vostra età, proprio nel vostro territorio, a Valleluogo. Immerso nel verde e nel silenzio c’è un piccolo santuario: provate a rifugiarvi lì qualche volta. E poi, da lì, sempre questa domanda di felicità – che io non capivo, o forse anche negavo – mi ha portato molte volte a Lourdes, insieme agli ammalati. Da lì poi è cominciata la lunga storia che mi ha portato a diventare, oggi, vostro Vescovo.
Non sarò certo io a dirvi di tralasciare gli impegni scolastici, figuriamoci. Ma, tra questi impegni, lasciatevi uno spazio per seguire quella domanda di felicità. Anche se vi porta a percorrere strade che gli altri – i vostri genitori, i vostri amici… – sembrano non capire. Sappiate che vi sono vicino, con amicizia e affetto, in tutti i percorsi che intraprenderete per cercare risposta a questa domanda. Provate a cercarla, questa risposta, anche tra chi soffre, ci sono tante sofferenze, non necessariamente fisiche, intorno a noi. Provate a ritagliarvi un’ora a settimana, forse anche meglio se in gruppo, e a dedicarla a chi sapete che è accanto a voi e soffre.
Vedete – non pretendo di darvi una risposta preconfezionata. Certo, per me è grande il desiderio di dirvi che io la risposta l’ho trovata, e che quella che ho trovato nel Signore Gesù è veramente l’unica risposta di senso. Ma, non vi dico questo; vi dico solo: provate. Non accada che, tra qualche anno, senza aver trovato quello che cercavate, dobbiate volgervi indietro e dirvi: «Chissà, forse… se avessi provato…». Provate ora, e non rimandate. Non rimandate perché è questo il momento della vita in cui avrete più libertà per cercare risposta alla domanda di felicità: poi verrà il lavoro, la famiglia, le responsabilità… e sarà più difficile trovare tempo per mettervi a tu per tu con voi stessi.
Ricordo che alla vostra età mi colpirono alcune parole di un poeta, Montale: «E piove in petto una dolcezza inquieta». Ecco, questa era la sensazione che sentivo: una dolcezza inquieta, un senso di compiutezza, di serenità, di pace, che però mi spingeva sempre più in là, mi chiedeva di andare oltre, mi rinviava ad un Altro che io ancora non vedevo o non volevo vedere. Vi auguro, cari ragazzi, di fare la stessa esperienza.
E se quest’esperienza vorrete raccontarmela, non esitate! Anche se questa esperienza non volete farla, anche se l’avete fatta ed è fallita, anche se avete altre esperienze per la testa, venite! Parliamone! La porta della mia casa è sempre aperta. E se avete vergogna – è normale, non vi preoccupate – scrivetemi, o restiamo in contatto con Twitter (@sermel2014)! Il vostro Vescovo non vede l’ora di incontrarvi ad uno ad uno, e sentirvi raccontare delle domanda di felicità che vi agita il cuore. Non lasciatemi, per favore, senza la vostra compagnia.