Il Trust nel diritto di famiglia
Il Trust è istituto giuridico di origine anglosassone che in Italia ha ottenuto un proprio
riconoscimento con la ratifica, ad opera della legge 16 ottobre 1989 n.364, della Convenzione
dell’Aja del 18 luglio 1985.
La sua introduzione nell’ordinamento giuridico italiano ha sollevato non pochi dibattiti in
merito alla sua ammissibilità. Tale figura infatti mette in discussione principi fondamentali
dell’ordinamento quali la tipicità dei diritti reali e la par condicio creditorum.
Tuttavia tale istituto ha ormai fatto breccia nell’ordinamento italiano.
Affinché sia valido in Italia, il Trust deve rientrare nella categoria dei “trust interni” ossia
riguardare soggetti italiani e beni che, in parte, si trovano nel nostro territorio. Per regolare
il trust interno i soggetti hanno la facoltà di scegliere la legge presente in uno dei vari Stati
che contemplano questo negozio nel loro ordinamento.
Il Trust si sostanzia in un accordo nel quale un soggetto, detto disponente (o settlor),
trasferisce non la proprietà, così come intesa nel diritto italiano, ma l’intestazione di un
proprio bene ad un altro soggetto, detto fiduciario (o trustee), tenuto ad amministrarlo
nell’interesse di un terzo, il beneficiario, oppure per un determinato scopo. Finalità
dell’istituto è quella di separare alcuni beni dal patrimonio di un soggetto per il
perseguimento di specifici interessi a favore di determinati beneficiari.
È possibile conferire in Trust ogni tipo di bene.
I beni in Trust restano separati dal patrimonio personale del fiduciario che è tenuto a
rendere conto, amministrare e disporre dei beni nei limiti di quanto stabilito nell’atto
istitutivo, per realizzare la finalità che gli è stata indicata.
Si verifica così il fenomeno della “segregazione” patrimoniale che permette di vincolare i
beni in Trust con l’effetto di sottrarli alla disponibilità ed alle vicende personali del
disponente.
La costituzione del Trust deve avvenire in forma scritta, con la indicazione di regole, la
nomina del fiduciario, del beneficiario e/o dello scopo. L’atto scritto può essere pubblico o
può essere fatto autenticare da un notaio. Le regole del trust sono stabilite dal disponente.
Il quadro normativo generale è costituito da una legge straniera che conosce e disciplina
l’istituto del trust scelta dal disponente.
Il Trust si è rivelato efficace strumento di tutela del patrimonio familiare, soprattutto nei
procedimenti di separazione e di divorzio, consentendo una gestione del patrimonio
effettuata a beneficio dei figli.
L’utilizzazione dei Trust nei procedimenti di separazione e divorzio ha trovato pieno
riconoscimento nel nostro ordinamento a partire dalla ordinanza del 23 febbraio 2005 con
la quale il Tribunale di Milano ha proceduto alla omologazione di un accordo di separazione
consensuale nel quale era contemplata l’istituzione di un trust avente ad oggetto un
immobile a favore della figlia.
Mentre, per quanto riguarda il divorzio, il primo Tribunale a riconoscere ed autorizzare
l’istituzione del Trust quale strumento di gestione del patrimonio familiare è stato quello di
Torino che con sentenza del 31 marzo 2009 tanto stabiliva: “la sentenza che dichiara la
cessazione degli effetti civili del matrimonio può contenere l’istituzione di un trust da parte dei
coniugi divorzianti, avente ad oggetto beni di loro proprietà comune, che sia destinato a soddisfare le
esigenza abitative dei figli”.
A tal fine l’atto che istituisce il Trust viene inserito nel ricorso per la separazione consensuale
sottoscritto dai coniugi e viene riprodotto nel verbale ex. art. 711 c.p.c., o viene contemplato
nel ricorso congiunto di divorzio per essere recepito nella relativa sentenza di cessazione
degli effetti civili del matrimonio.
Nelle premesse dell’atto istitutivo devono essere chiaramente espresse le finalità del Trust
affinché l’Autorità Giudiziaria possa esprimere un positivo giudizio di meritevolezza degli
interessi tutelati.
Fini analoghi a quelli del Trust nel diritto di famiglia vengono tradizionalmente e più
frequentemente perseguiti con lo strumento del Fondo patrimoniale a tutela del patrimonio
familiare. Eppure le differenze tra i due istituti rendono evidente quanto il Trust sia più
vantaggioso del fondo patrimoniale nella regolazione dei rapporti familiari:
• Il Trust può essere istituito da chiunque, anche da semplici coppie conviventi, mentre
il Fondo patrimoniale può essere costituito solo da coniugi. Una differenza, questa,
di non poca rilevanza che amplia notevolmente l’ambito applicativo del Trust
estendendolo al di là della tradizionale famiglia fondata sul matrimonio e
permettendone l’utilizzo alle coppie di fatto alle quali è precluso l’impiego dello
strumento del Fondo patrimoniale che richiede la sussistenza di un vincolo
matrimoniale tra le parti.
• I beni conferiti in Trust sono impignorabili per scopi diversi da quelli individuati
nell’atto istitutivo, mentre i beni che confluiscono nel Fondo patrimoniale possono
essere aggrediti dai creditori ignari dell’estraneità del debito ai bisogni della famiglia.
• A differenza del Trust il Fondo patrimoniale si scioglie con il divorzio.
• Nel Trust può essere conferito ogni tipo di bene mentre nel Fondo patrimoniale
possono confluire solo beni mobili o immobili iscritti in pubblici registri e titoli di
credito.
• A differenza del Fondo patrimoniale, il Trust può essere utilizzato a vantaggio di
soggetti estranei allo stretto nucleo familiare.
In merito al Trust quale strumento di maggior tutela dei minori rispetto al Fondo
patrimoniale, giova richiamare una pronuncia del Tribunale di Padova del 3.09.2008 relativa
al caso in cui una coppia di genitori chiedeva l’autorizzazione a trasferire in Trust alcuni
beni sottoposti al Fondo patrimoniale nell’interesse dei figli minori; autorizzazione che il
Tribunale ha deciso di concedere in ragione delle maggiori garanzie offerte dal Trust a tutela
dei beneficiari.
A cura dell’Avv. Guerino Gazzella - 08/03/2024