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Il Poliziano, Angelo Ambrogini di Montepulciano

Giovedì, 27 Marzo 2014
La più bella cosa
Costei per certo è la più bella cosa
che ‘n tutto 'l mondo mai vedesse 'l sole;
lieta vaga gentil dolce vezosa,
piena di rose, piena di vïole,
cortese saggia onesta e grazïosa,
benigna in vista in atto et in parole.
Così spegne costei tutte le belle,
come ‘l lume del sol tutte le stelle.

 

Poeta e drammaturgo Angelo Ambrogini, detto il Poliziano in virtù della sua nascita a Montepulciano, è stato uno dei maggiori umanisti del Rinascimento.
Nasce appunto a Montepulciano, un paese situato  a poca distanza da Siena, nell’anno 1454, figlio di un dottore in legge e conoscente della famiglia Medici, resta orfano dopo l’assassinio del padre a causa di una sua emissione di condanna ad un imputato. Nel  1469 Angelo Ambrogini, si trasferì da un suo cugino e grazie alla protezione de’ Medici, ebbe l’opportunità di formarsi in modo molto minuzioso sulla cultura classica.

Uno dei suoi maestri più illustri fu Marsilio Ficino. In questo periodo ancora giovanissimo, si accinse a tradurre dal greco al latino l’Iliade, attirando l’attenzione di Lorenzo de’ Medici, che successivamente gli permise di usufruire della ricca Biblioteca privata.

Ambrogini, dopo aver avuto l’incarico di segretario di Lorenzo Il Magnifico, e successivamente precettore del suo primogenito Piero, fu un valido collaboratore per l’allestimento della Raccolta Aragonese.

Nel 1475, si tenne la Giostra  a Santa Croce vinta da Giuliano de’Medici, assassinato solo qualche anno dopo nella congiura de’ pazzi davanti agli occhi di Poliziano, il poeta  iniziò a comporre sulla base della vittoria della Giostra un poemetto mai terminato, le stanze della Giostra. Un poema scritto solo nelle prime due parti con argomenti di carattere amoroso e idillico, dove l’amore e la bellezza fanno da cornice sotto una coperta ricavata dalla profonda cultura umanistica. In questi due libri che lo compongono, si descrive l’innamoramento di Giuliano per una ninfa, nella realtà nota a Firenze come Nicoletta Cattaneo. Nel secondo libro Cupido racconta alla madre Venere di questo innamoramento.

Nel 1477, con il titolo di priore di San Paolo il Poliziano si assicurò l'agiatezza e la riuscita sociale. Dopo qualche anno gli fu affidato anche il secondogenito della famiglia de’ Medici.
Purtroppo però poco dopo ci fu una rottura con la famiglia, probabilmente dovuta al dissenso dei suoi metodi educativi non apprezzati da Clarice Orsini, proveniente da una famiglia aristocratica di Roma, e sicuramente conservatrice, la quale poco apprezzava la vena educativa di Ambrogini.
Il Poliziano si allontanò da Firenze per dimorare successivamente a  Venezia, Padova, Verona e Mantova dove fu per un breve periodo al servizio del cardinale Francesco Gonzaga. Di questi anni è la composizione che fu anche rappresentata con il nome di “la Fabula di Orfeo”, uno dei primi testi teatrali di argomento classico in volgare. La Fabula di Orfeo è una delle maggiori opere del poeta di Montepulciano.

Nel 1480 tornò a Firenze, sotto l’approvazione della famiglia de’ Medici, ricevette la nomina di professore di poetica e retorica allo Studium fiorentino, si dedicò completamente agli studi classici, trascurando la produzione poetica in volgare a favore della poesia latina, soprattutto epigrammi ed elegie e dell'impegno filologico. Sono testimonianza della sua attività di questi anni i poemetti in esametri latini, Praelectiones: Manto (1482); Rusticus (1483); Ambra (1485) e Nutricia (1486), di contenuto teorico e metodologico; Dialectica (1493); Lamia (1492). La sua ricerca filologica raccolta nei Miscellanea, fu di eccezionale importanza; notevoli anche i suoi apporti all'interpretazione di Aristotele e i giudizi letterari di cui sono piene le Epistole. Celebri sono rimaste le sue canzoni a ballo in volgare, che traducono in un linguaggio di grande misura una tradizione popolare.

In occasione dell’elezione di papa Innocenzo VIII, nel  1484, divenne ambasciatore  Roma, e due anni dopo prese i voti e divenne canonico della cattedrale di Firenze, Santa Maria del Fiore.

Nel circolo mediceo fu Agnolo Ambrogini, detto il Poliziano, a realizzare una fondamentale sintesi tra la cultura classica e la tradizione volgare fiorentina di Dante, Petrarca e Boccaccio.

Non sempre visto nell’ambiente letterario di buon occhio, il Poliziano, ha ricevuto non poche critiche sia durante la sua vita che nei periodi successivi, seppure fu il maggiore esponente dell’umanesimo volgare, poeta dedicato al mito, alla visione, alla natura e ai paesaggi descritti minuziosamente nei suoi scritti.
Ad esempio il partito dei Piagnoni, guidato dal rigido Savonarola, gli mosse molte accuse di immoralità.ù

All’interno dei suoi componimenti si coglie la bellezza suprema e l’amore per la giovinezza sempre però  con un velo d’insidia della morte. Fu un importante sostenitore dell’idea di imitazione dei classici, ha lasciato opere d’impatto raffinato e compiuto, lontano da problematiche quotidiane e d’aspirazione, Ambrogini era  alla continua ricerca dell’equilibrio e della perfezione.

Nonostante molti storici della letteratura italiana negano i suoi interessi per l’amore omossessuale sono diversi i suoi scritti che rivelano tale propensione, ovviamente poco importano le divisioni delle varie correnti di pensiero, resta innegabilmente uno dei più importanti umanisti che l’Italia ha conosciuto.
Angelo Ambrogini muore a Firenze nella notte tra il 28 e 29 settembre 1494, in circostanze inspiegabili, due anni dopo la morte di Lorenzo il Magnifico.
Oggi la sua tomba si trova nella chiesa di San Marco a Firenze.

Domenico Ghirlandaio non poté che imprimere all’interno dei suoi dipinti la grandezza intellettuale del Poliziano, viene infatti dipinto all’interno della cappella Sassetti di Santa Trinità a Firenze,  all’interno della cappella Tornabuoni di Santa Maria Novella a Firenze.

All’interno de “La Camera degli sposi” dipinta dal Mantegna nel Palazzo Ducale a Mantova, sembra inequivocabile la presenza del Poliziano, sicuramente voluto anche per l’importante amicizia nata con il cardinale Francesco Gonzaga, tale dipinto imprime maggiore elogio al poeta, in quanto all’interno del dipinto sembra rivelarsi una rassegna di dinastie e personaggi eminenti.

Incantevole poeta d’ impronta aristotelica, ma fortemente basato sulla cultura dell’idealismo platonico, possiamo definirlo un grande poeta dell’umanesimo.



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