Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa
Con la sentenza 29 Aprile 2021 n. 39005, le Sezioni Unite penali hanno chiarito se il giudice
che dispone la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla
persona offesa, ex art. 282 ter c.p.p., debba determinare specificamente i luoghi oggetto del
divieto. Hanno affermato che se il divieto di avvicinamento è riferito alla persona offesa, il
giudice può limitarsi a stabilire la distanza che l’imputato deve mantenere da essa, senza
indicare i luoghi precisi preclusi all’imputato: “il giudice che ritenga adeguata e proporzionata
la sola misura cautelare dell’obbligo di mantenere una determinata distanza dalla persona offesa può
limitarsi ad indicare tale distanza; nel caso in cui, al contrario, nel rispetto dei predetti principi,
disponga, anche cumulativamente, le misure del divieto di avvicinamento ai luoghi da essa
abitualmente frequentati e/o di mantenimento della distanza dai medesimi, deve indicarli
specificamente”.
Lo scopo della norma è quello di proteggere la vittima di atti violenti e persecutori, di
preservare la serenità e l’incolumità della vittima, la quale deve potersi muovere
liberamente anche al di fuori di un contesto predeterminato con la certezza che il soggetto
che minaccia la sua libertà fisica o morale si terrà a debita distanza, affinché possa svolgere
liberamente la sua vita quotidiana. L’art. 282 ter c.p.p. prevede, infatti, sia il divieto di
avvicinamento a determinati luoghi frequentati dalla persona offesa, sia l’obbligo di
mantenere una data distanza da tali luoghi o dalla persona offesa. Nel primo caso il giudice
ha l’onere di individuare i luoghi oggetto del divieto, mentre nel secondo caso il divieto di
avvicinamento viene imposto soltanto attraverso la determinazione della distanza che
l’imputato deve mantenere da tali luoghi o dalla persona offesa ovunque essa
effettivamente si trovi nel dato momento.
Tale prescrizione è stata oggetto di critiche in quanto prevede una condotta generica,
indeterminata, eccessivamente gravosa e ineseguibile, non indicando in modo specifico i
luoghi oggetto del divieto, e pertanto applicabile anche nel caso in cui l’indagato non abbia
cercato il contatto con la vittima, in caso di incontro fortuito. Ma, poiché rilevano solo le
eventuali violazioni dolose delle prescrizioni, non vi è motivo per ipotizzare il pericolo di
applicare una sanzione per un incontro involontario.
Le Sezioni Unite hanno anche chiarito che il divieto in questione non viola i principi di
tipicità e determinatezza, il giudice ha ampia discrezionalità nella scelta e nella graduazione
della misura per il caso concreto. Inoltre ritengono pienamente conforme la misura ai
principi fondamentali in materia di libertà personale e di libertà di locomozione: in base
all’art.13 Cost. la libertà della persona può essere limitata solo con un provvedimento del
giudice che deve prima verificare se sussistono le condizioni previste dalla legge.
D’altronde la misura in questione risulta maggiormente favorevole per l’imputato, in
quanto le alternative sarebbero quelle misure maggiormente afflittive e limitative della
libertà personale, quali detenzione, arresti domiciliari. “Ciò consente di superare l’obiezione
sulla eccessiva gravosità e di affermare che la misura del divieto di avvicinamento, proprio per la sua
peculiarità rispetto alle misure generaliste, non solo non è troppo afflittiva ma anzi riduce al massimo
la compressione dei diritti di libertà dell’indagato, limitandoli, ben più di altre misure, a quanto
strettamente utile alla tutela della vittima.”
A cura dell’Avv. Guerino Gazzella - 20/03/2024