Il diritto di vivere, il diritto di morire

di , Mercoledì, 28 Luglio 2021

È un pomeriggio d'estate di qualche anno fa; converso, tra grandi difficoltà, con una persona gravemente malata circa la possibilità di introdurre l’eutanasia legale anche nel nostro Paese. All'improvviso i suoi occhi diventano cupi e malinconici, abbassa lo sguardo e mi dice: "Sai, pochi giorni fa, un insetto si è posato sulla mia mano, la sola vista di quell'insetto mi infastidiva terribilmente ma io non potevo scacciarlo, non ne avevo facoltà ed è allora che ho compreso che la mia vita aveva perso dignità e io insieme ad essa".         
Cos'è dignitoso per un essere umano e cosa, invece, non lo è? Ma soprattutto, chi di noi può arrogarsi il diritto di stabilirlo? Tutti desidereremmo vivere una vita piena, bella, priva di dolore e di sofferenze ma questo desiderio non può fungere da giustificazione quando, troppo spesso, scegliamo di non vedere, rimuoviamo il pensiero della morte perché ci fa paura, ignorandone, al tempo stesso, la sua ineludibile esistenza e appartenenza alla vita.Non sappiamo quando moriremo, né dove, né perché ma dovremmo essere liberi di decidere almeno come, dovremmo essere liberi di conferire a quel momento la giusta dignità, sulla base di come quella stessa vita abbiamo scelto di condurla.  

  
Penso alle persone che lottano contro la SLA, penso ai malati terminali, a chi è affetto da gravi patologie irreversibili, penso ai volti e alle battaglie di Piergiorgio Welby, Fabiano Antoniani, penso ad Eluana Englaro. Volti sui quali si scorge il trionfo della tecnica umana sull’umanità stessa, voltisenza quiete che esigono da ciascuno di noi un pensiero profondo, la partecipazione e la riflessione circa una questione cruciale: il diritto ad una vita dignitosa, il diritto alla morte. Le condizioni nelle quali hanno trascorso ore, giorni, mesi e anni Piergiorgio, Fabiano, Eluana e migliaia di persone comuni (quelle che non fanno notizia),svuotano, a poco a poco, la vita stessa, le sottraggono il senso, al punto che nemmeno più tale possa essere definita e conducono a desiderare la morte, consci che, umanamente, non esista alternativa. Morire fa parte della vita, esattamente come ammalarsi, guarire, nascere, invecchiare e amare. Ce l’hanno insegnato gli antichi greci, quando davano agli uomini il nome di mortali, o effimeri; loro lo sapevano bene: il morire era un tempo del vivere, e addirittura il più importante perché dava all’esistere un valore speciale. Quella sul fine vita non può che essere una decisione intima e privata, perché tale è il rapporto con la nostra esistenza e come scegliamo di viverla. Qualcuno obietterà: "la vita appartiene a Dio", certo, per chi ci crede, ma non per tutti. Non per coloro che un Dio non lo riconoscono e non lo sentono vivo dentro di sé.       
Aiutiamo chi lo desidera a liberarsi dal peso di restare ingabbiati nel dolore fino all'ultimo istante, restituiamo alla vita di ciascuno di noi la dignità che le spetta. L'umanità, d'altronde, anche cristianamente, dovrebbe ricondurci tutti al rispetto dell'altro, alla sua comprensione e alla sua accoglienza.       

        
Piergiorgio Welby, la cui storia è balzata alle cronache nazionali e internazionali e la cui vita per anni è stata garantita esclusivamente da un respiratore artificiale, definì l'Italia un paese nel quale "non vi è pietà" per coloro che, pur inorridendo di fronte alla morte, la preferiscono alla loro non-vita. Di recente ho rivisto "Mare dentro", film pluripremiato e tratto da una storia vera, incentrato interamente sul tema dell'eutanasia, ciò cui Ramón, il protagonista, ambisce da 28 lunghi anni, da quel giorno maledetto in cui un tuffo mal calcolato lo ha reso tetraplegico, costretto per sempre dentro quattro mura, su un letto, tagliato fuori della sua stessa vita. Ramón, sebbene desideri ardentemente la morte e lotti contro il governo spagnolo affinché gli venga riconosciuto tale diritto, riesce ad insegnare a chiunque lo incontri la bellezza e il valore inestimabile di questa vita. Il desiderio di morire, in determinate condizioni, come ultimo atto di una vita sulla quale sta calando il sipario, come ultimo atto d’amore verso sé stessi e versola vita stessa.

Dr.ssa Nunzia Spinelli, coordinatrice di servizi socio educativi, cura da febbraio 2020 per Città di Ariano la rubrica "CompletaMente".