I ragazzi del Centro Valleluogo scrivono al Papa

di , Martedì, 03 Giugno 2014

Dal 31 dicembre 2013 il Centro di Riabilitazione di Valleluogo sta vivendo una situzione delicata e dolorosa al tempo stesso. La delibera di non accredidamento di una parte del centro mette a grave rischio la permanenza di una ventina di ragazzi. Il 17 maggio scorso questi stessi ragazzi hanno consegnato una lettera a Papa Francesco chiedendo anche un suo aiuto. Ecco il testo della lettera:


Caro Papa Francesco, appena ci è stato detto che saremmo venuti da te abbiamo deciso di affidarti la nostra vita e metterla nelle tue mani insieme ai desideri, sogni, progetti e preoccupazioni.

Grazie per averci ricevuto e grazie per la persona e per il Papa che sei così buono, sincero e accogliente. Tu aiuti tutti, soprattutto i più deboli e gli sfortunati; aiuti gli ultimi, gli invisibili allora potresti tendere una mano anche a noi. Noi ragazzi sospesi tra venti e tempeste, noi ragazzi cosi detti di Valleluogo che vogliono restare nel Centro e preghiamo tutti i giorni affinché non ci portino via.

Sono alcuni anni che lottiamo per la nostra vita, perché il Centro di Riabilitazione di Valleluogo è, la nostra vita, la nostra casa, il nostro presente e il nostro futuro. Sappiamo che il Centro di Valleluogo è piccolo; una minuscola goccia nel mare, ma goccia dopo goccia noi, il nostro mare, lo dobbiamo salvare. E tu ci devi aiutare. Tu che conosci tante persone capaci e giuste, puoi parlare con chiunque e puoi intervenire in ogni situazione perché tu sei il Papa e quindi la persona più importante.

Questo posto è tutto per noi; abbiamo negli anni imparato a lavarci, vestirci, a curare il nostro igiene, abbiamo imparato a leggere e a scrivere per quanto ci fosse possibile, a disegnare, dipingere, pitturare, ricamare e lavorare. Abbiamo compreso il valore degli altri e quanto sia importante vivere con tutti e arricchirsi.

Umanamente dal prossimo. Ci siamo occupati di noi aiutandoci l’un l’altro, per accogliere anche i meno capaci.

Noi siamo degli adulti o forse dei bambini ma, certe difficoltà le capiamo perché le viviamo e a soffrire siamo noi e non gli altri e poi gli altri chi, quei signori con la giacca e la cravatta che ci dicono, anzi ci vorrebbero obbligare a restare a casa.

Caro Papa, oggi delle soluzioni alternative perché penso che questo nostro percorso riabilitativo sociale che esiste da anni non deve più funzionare così e chi lo decide?

Chi ci impedisce di andare avanti chi sta tarpando le ali ai nostri sogni alla fantasia e alla speranza? Chi ci sta togliendo la nostra seconda casa? Leggi umane oppure di Dio? Noi vogliamo stare tutti e sempre insieme in questi Centri, anche con gli operatori si prendono cura di noi.

La legge lo impedisce ma tu ci devi dare una mano. E’ una legge ingiusta quella che toglie diritti a chi ne ha quella che toglie vita a chi ne ha. Siamo diversi talvolta fragili e bisognosi ma chi non lo è. Sappiamo anche che la nostra realtà è piccola, insignificante e allora anche noi dovremmo considerarci piccoli e insignificanti.

Invece no, siamo sicuri che tu, Papa Francesco, pensi a noi come a dei giganti. Per la società siamo gli invisibili e nessuno ci ascolta, allora dobbiamo fare in modo che ci ascoltino.

Sono in tanti che ci promettono aiuto e collaborazione solo perché badano prima ai loro interessi politici e di sistema e che nulla hanno a che fare con noi costretti a guardare un tramonto dalla sinistra anziché dal prato, perché in quel prato nessuno ci vuole portare; abbiamo la sedia a rotelle, ci sono le scale, siamo pesanti e poi forse in quel prato non ci vogliono. Soli nelle nostre stanze, soli nel silenzio della nostra mente, soli perché nessuno ci capisce. Noi amiamo come gli altri, come tutti e anche noi piangiamo quando vengono calpestati i nostri diritti.

Tutti ciechi coloro che ci circondano, ci distruggono invece di tutelarci.

Cerchiamo solo un’identità, come la cercano tutti perché noi siamo uguali agli altri, per alcuni gli ultimi ma noi, noi siamo i primi.




 

 


 



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