In occasione della Giornata della Memoria, riproponiamo un articolo della nostra Flavia Squarcio, pubblicato il 27 gennaio 2013 su Il Sannio Quotidiano
1628. Quel numero lo ha accompagnato per una vita e ancora oggi suscita ricordi dolorosi. Oto Ciasullo non riesce a dimenticare la matricola che gli fu assegnata appena diciottenne all’ingresso di un campo di concentramento. Oto non è ebreo ma ha vissuto da vicino il dramma della shoah perché giovane militare di leva, di stanza a Bolzano, negli anni tragici della seconda guerra mondiale fu fatto prigioniero e deportato in un ‘campo di lavoro’, prima al confine con la Russia e poi in Germania, non molto lontano da Berlino. Oto Ciasullo è nato il 7 dicembre 1924, sposato e padre di sei figli, vive nel centro storico del Tricolle, nel borgo della Guardia. Il 23 agosto 1943, fresco di nozze, fu chiamato alle armi. L’8 settembre dello stesso anno, con la firma dell’armistizio e la fuga del re dall’Italia, mentre l’esercito era allo sbando, venne imprigionato dai tedeschi e condotto nel campo di concentramento.
“La mia prigionia è durata due anni; un anno in un campo al confine con la Russia e successivamente a venticinque chilometri da Berlino. Ricordo quel periodo con estremo dolore, sono stati anni di stenti, di privazioni, di orrore. Se i miei compagni ed io non eseguivamo gli ordini dei soldati tedeschi, venivamo frustati e maltrattati. Il lavoro nel campo di prigionia era durissimo. Avevo tanti amici ebrei. La scena più straziante che non sono mai riuscito a dimenticare e che mai dimenticherò è il tiro al piattello che i nazisti eseguivano lanciando in aria i neonati ebrei. I piccoli venivano fucilati e successivamente i corpi bruciati nel forno crematorio. Venivano buttati senza alcuna pietà per i defunti. Avevo poi due cari amici della provincia di Avellino, non ricordo dopo tanti anni il paese, deportati nel mio stesso campo. Dopo vari giorni di digiuno, riuscirono a rubare un chilo di patate; furono presto scoperti dalle Ss e fucilati. I tedeschi organizzarono una sorta di spettacolo per mostrare la fucilazione. Fu un dolore straziante perdere così due compagni. Durante gli anni della prigionia avevo scritto un diario ma con il tempo, leggendo e rileggendo quelle pagine, il dolore diventava sempre più acuto e quindi ho deciso di distruggerlo”, il racconto di Oto Ciasullo, che qualche anno fa ha ricevuto in prefettura la medaglia d’onore riservata ai cittadini internati nei lager nazisti.