Equo compenso per i professionisti
L’esigenza per il riconoscimento della piena dignità economica alle prestazioni professionali
è stata ribadita nel Disegno di legge sull’equo compenso ai professionisti, approvato in data
22/03/2023 dall’Aula del Senato all’unanimità. L’equo compenso previsto nell’attuale testo
di legge, presenta delle limitazioni legate alle dimensioni dell’impresa committente, dato
che viene applicato alle aziende con almeno 50 dipendenti e 10 milioni di fatturato annuo.
Una novità importante prevede l’estensione di tale equo compenso anche a chi non è iscritto
ad ordini professionali.
Dunque, gli eventuali accordi al di sotto di una soglia predeterminata, ovvero patti che
vietano al professionista di chiedere acconti in corso d’opera o che gli impongono
l’anticipazione delle spese dovranno essere considerati nulli. La medesima sorte sarà
attribuita a clausole o pattuizioni in cui sono evidenti vantaggi sproporzionati per il
committente.
Altra novità è la possibilità per i Consigli Nazionali degli Ordini e per le associazioni
professionali più rappresentative di poter proporre class actions e inoltre il nuovo disegno
di legge prevede la creazione di un apposito osservatorio presso il Ministero della Giustizia
per concretizzare tale novità.
In buona sostanza, si vuole garantire una tutela contrattuale effettiva al
professionista nelle situazioni in cui la controparte è in una posizione “dominante”. In tal
modo si attribuisce effettività al disposto dell’art. 36 Cost anche per i professionisti. In base
al principio costituzionale per cui “senza un’equa e giusta retribuzione non c’è dignità per chi
lavora”.
Attualmente, l’art. 2233 c.c. , che si occupa di compenso, consta di tre commi a cui
dovrebbero aggiungersene altri nove, per un totale di dodici commi.
L’atto che contenga un compenso non equo può essere impugnato solo dal professionista
davanti al tribunale del luogo in cui ha la residenza o la dimora. Il professionista può
chiedere il parere di congruità dell’ordine di appartenenza che costituisce piena prova delle
caratteristiche, della natura, del valore dell’affare e così via. Il giudice, in questo
procedimento, non può avvalersi della consulenza tecnica. Sono, altresì, nulle le
pattuizioni:
• che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione,
• che impongano l’anticipazione di spese,
• che, comunque, attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla
quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso.
Vengono elencate nove clausole che si presumono vessatorie in via assoluta anche se
oggetto di trattativa, ad esempio, la facoltà del committente di modificare unilateralmente
il contenuto del contratto oppure il pagamento oltre i 60 giorni. L’elencazione delle clausole
vessatorie è sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 13 bis della legge
professionale forense di cui, infatti, si prevede l’abrogazione. Le clausole considerate
vessatorie sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto. La nullità opera solo a
vantaggio del professionista ed è rilevabile d’ufficio, salva rinuncia espressa e irrevocabile
da parte del professionista nel cui interesse essa è prevista.
Tale novità è considerata una grande conquista, attesa da anni e con la quale viene
riconosciuto il lavoro di tanti professionisti che svolgono un ruolo importante nella società
e pertanto si auspica che tale legge venga rispettata nella prassi al fine di porre a troppi casi
di ingiustizia remunerativa.
A cura dell’Avv. Guerino Gazzella - 27/03/2023