COMUNICATO STAMPA
“L'inflazione annulla ogni ipotesi di ripresa per le famiglie e continua ad incidere negativamente sulle vendite dei negozi”. Ad affermarlo è Giuseppe Marinelli, presidente provinciale di Confesercenti Avellino.
“Lo studio sui redditi dei cittadini e sull'occupazione – prosegue il dirigente dell'associazione di categoria -, effettuato dall'Ufficio Economia della nostra organizzazione, sulla base dei dati disponibili Istat, a quattro anni dall’annuncio del lockdown del 9 marzo 2020, conferma che l'inflazione ha riportato i bilanci delle famiglie, in termini reali, sotto i livelli prepandemia.
La perdita complessiva nel Paese è di oltre 6 miliardi di euro rispetto al 2019. Tra il 2019 ed il 2023, in valori nominali, il reddito medio delle famiglie italiane è passato da poco più di 38.300 euro a oltre 43.800 euro l’anno. Un salto di oltre 5.500 euro che, purtroppo, è solo virtuale, perché annullato di fatto dall’aumento dei prezzi. Al netto dell’inflazione, infatti, nel 2023 il reddito reale medio per famiglia è di 38.065 euro, 254 in meno (-0,7%) rispetto a quello del 2019.
Ovviamente i dati generali sono soltanto indicatori medi. Per moltissime famiglie simili redditi sono assolutamente distanti dalla propria effettiva situazione. Oltre il 50% delle famiglie residenti in Italia ha un reddito annuo inferiore alla soglia di 26.000 euro. Una disuguaglianza che è la più consistente tra i grandi Paesi dell'Unione europea.
Si registra inoltre una notevole disparità e disomogeneità sul territorio nazionale, con le zone industrializzate del centronord, in particolare il Nord-Est in testa alla classifica dei redditi e le aree interne del Mezzogiorno fanalino di coda, dove pesano disoccupazione, limiti strutturali del sistema economico, dimensione ridotta delle imprese.
Il livello di reddito medio reale, ciòè tenendo conto del tasso di inflazione ufficiale, delle famiglie della Campania è di 29.750 euro, 8.315 in meno rispetto a quello reale nazionale e 1.297 in meno rispetto ai dati campani del 2019, con un indicatore di povertà relativa notevolmente più elevato di quello nazionale, pari a circa il 25% delle famiglie (contro il 12% nazionale) ed il 30% degli individui.
In particolare, per quel che riguarda la provincia di Avellino, i dati sono ancora più preoccupanti se si guarda ai piccoli Comuni interni, che maggiormente subiscono la desertificazione socio-economica e dove il tasso di anzianità della popolazione è più alto e quindi gli introiti da lavoro più limitati”.
“Lo sviluppo economico del territorio – conclude Marinelli – e quello dell'intero Paese non può prescindere dalla rivitalizzazione dei redditi e di conseguenza dei consumi. Alle misure da assumere a livello centrale, su defiscalizzazione e aumento del potere d'acquisto delle famiglie, è però necessario affiancare interventi su base locale nelle aree più fragili, con il sostegno dei livelli isituzionali sovraordinati, che puntino al superamento delle disparità strutturali esistenti”.