DANNO MORALE E DANNO ESISTENZIALE
Il danno morale non è assorbito nel danno esistenziale: si tratta di due voci autonome, non sovrapponibili, e
come tali, andranno considerate distintamente.
E’ quanto chiarito dalla Cassazione, Terza Sezione Civile, nella sentenza 31 gennaio 2019, n. 2788.
Con tale pronuncia, la Suprema Corte ha ammesso la liquidazione sia danno morale che di quello esistenziale,
con la possibilità di personalizzare in aumento il ristoro ottenuto, in presenza di conseguenze anomale o
eccezionali.
La Cassazione ha rilevato che, nella valutazione del danno alla persona da lesione della salute (art. 32 Cost.),
la liquidazione unitaria di tale danno dovrà attribuire al soggetto un risarcimento comprensivo del
pregiudizio complessivamente patito sia l'aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto quello
dell'alterazione o modificazione peggiorativa della vita di relazione. Pertanto, il giudicante dovrà tener conto
delle conseguenze subite dal danneggiato sia nella sfera morale di quest’ultimo, che quelle incidenti sul
piano dinamico-relazionale della vita dello stesso. Ciò non determina una duplicazione risarcitoria, atteso
che, la sofferenza interiore patita dal danneggiato a causa della lesione del suo diritto alla salute, deve essere
valutata in modo distinto ed autonomo.
Relativamente alla personalizzazione ed al risarcimento del danno morale, si può richiamare la recente
pronuncia della Corte di Cassazione n. 25164/2020, con la quale si ritiene che non possa essere
riconosciuta alcuna personalizzazione, posto che la personalizzazione del danno deve trovare giustificazione
nel positivo accertamento di specifiche conseguenze eccezionali, ulteriori rispetto a quelle ordinariamente
conseguenti alla menomazione, e tali da incidere in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-
relazionali personali documentati ed obiettivamente accertati. Per provare il danno morale il danneggiato
ha l’onere di allegare tutti gli elementi concreti della sofferenza di cui si chiede il risarcimento.
Il danno esistenziale è inteso come l’ingiusta lesione alle attività realizzatrici, alle abitudini e condizioni
(interne ed esterne) di vita e agli assetti relazionali della persona; ed è individuato nelle conseguenze negative
che un fatto illecito extracontrattuale (art. 2043 c.c.) o un inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c.)
hanno avuto sulla sfera delle relazioni sociali, umane, affettive di un soggetto. In tale complessiva accezione
può accettarsi come equivalente la sua definizione di danno dinamico-relazionale.
Nel 2003, la S.C. riconobbe l’esistenza di un pregiudizio definibile in tal senso, riconoscendo al danno non
patrimoniale, complessivamente inteso, una sorta di tripartizione in biologico, morale e, appunto,
esistenziale (Cass., sez. III, 31maggio 2003, n. 8827 e n. 8828): e la stessa Corte costituzionale avallò tale
ricostruzione (Corte cost., n. 223/2003).
Le Sezioni Unite (Cass., S.U., 11 novembre 2008, n. 26972) hanno però drasticamente ridimensionato la
configurabilità dell’autonomia di tale pregiudizio all’interno di quello genericamente inteso come non
patrimoniale: sicché il danno esistenziale è oggi soltanto una delle conseguenze pregiudizievoli della
condotta illecita altrui nella sfera giuridica reddituale del soggetto leso.
In sintesi: il danno morale è essenzialmente un “sentire”, il danno esistenziale è piuttosto un “fare” (cioè un
non poter più fare, un dover agire altrimenti).
L’uno attiene per sua natura al “dentro”, alla sfera dell’emotività; l’altro concerne il “fuori”, il tempo e lo
spazio della vittima.
A cura dell’Avv. Guerino Gazzella
Ariano Irpino 12.11.2022