Il Covid-19 ci ha messo di fronte alla necessità di confrontarci (forse anche scontrarci) con la temuta e tanto dibattuta “rivoluzione digitale” che già vivevamo, che già impregnava le nostre vite, ma che con la pandemia ha subito un’accelerazione inimmaginabile.
Siamo finiti in una realtà distopica in cui se non sei online, se non posti su Instagram, se non scrivi su Facebook, semplicemente non esisti. E non esisti perché l’unico contatto che abbiamo con le persone, oggi come oggi, è solo ed esclusivamente un contatto online.La tecnologia sta fagocitando tutte le attività più comuni: la nostra realtà sta diventando una realtà virtuale. Per i più giovani o per gli appassionati di serie TV, Black Mirror è ormai la nostra vita.
Accettare un cambiamento così drastico di abitudini è complesso, impegnativo e non sempre alla portata di tutti. Abituarsi a videochiamate, chat su Whatsapp, lezioni a distanza sulle più svariate piattaforme, annullare completamente il contatto sociale per prediligere un contatto esclusivamente virtuale, porta ad un corto circuito che nei casi più complessi si rivolve in paranoia sociale, insicurezza, disturbi di socializzazione e tutto ciò che è l’altra faccia della medaglia di quei vantaggi che la tecnologia ci offre.
È innegabile notare come un computer ed una connessione ad Internet oggi ci permettano di lavorare, studiare, informarci, persino conoscere nuove persone, se sappiamo come orientarci. È altrettanto vero, però, che la tecnologia e più specificatamente i social (che stanno diventando il nostro luogo sicuro), esasperano problematiche che sono sempre esistite: il dilagare delle fake news e di un’informazione frammentaria spesso scorretta, l’invidia per le vite degli altri, che sembrano sempre più belle e soddisfacenti della nostra, il sentirci al di sotto di un determinato canone che il mondo virtuale ha stabilito per tutti noi.
La tecnologia, così come i mezzi di comunicazione, ha avuto un ruolo fondamentale in questo incubo che attanaglia le nostre vite, chiamato Covid-19. Grazie alla tecnologia, termini come lockdown, pandemia, quarantena, sono diventati comuni anche per chi non li aveva mai sentiti nominare. Così come il continuo bombardarci di qualsiasi canale di comunicazione con notizie infauste, provenienti da tutto il mondo, che se da un lato aumentano la consapevolezza riguardo il nemico che stiamo combattendo, dall’altro ci riempiono di terrore, ansia sociale, disillusione. È evidente che la tecnologia non sia la soluzione: non tutto può essere rimpiazzato da un surrogato online, non ogni cosa può essere fatta attraverso lo schermo di un telefono, eppure certo è che la tecnologia è l’aiuto che ci viene offerto, l’ancora alla quale tutti più o meno consapevolmente ci stiamo aggrappando per avere quella parvenza di normalità, che tanto desideriamo.
Ma qual è il confine? Qual è la realtà che viviamo per davvero e quella che immaginiamo di vivere? E perché questo confine si sta assottigliando così tanto negli ultimi tempi? Alla generazione social l’ardua sentenza.