Covid-19, i numeri di Ariano: l'opinione di Vittorio Melito

di , Martedì, 21 Aprile 2020

DIAMO I NUMERI

I numeri arianesi (dati al 20.4.2020, come in seguito) sono noti: 149 contagi, 22 deceduti, popolazione di 22.246 abitanti (dati all’1.1.2019, come tutti quelli che seguono). Arrotondando, sette malati ed un morto ogni mille abitanti. Parliamo di malati e deceduti censiti, sappiamo tutti che quelli reali sono di più.

Con la stessa percentuale in provincia di Avellino (418.306 abitanti) dovrebbero esserci all’incirca 3025 malati e 418 deceduti; sono fortunatamente molti di meno: 427 malati, 49 morti (salvo errore).

Se la Campania (5.801.692 abitanti) si trovasse nelle stesse condizioni di Ariano, avrebbe circa 40.600 contagiati e 5.800 vittime. Sono invece rispettivamente 4.074 e 309.

In Italia (60.359.546 abitanti) dovremmo essere a circa 422.500 contagiati e 60.300 morti. Sono (soltanto ?!) 181.228 e 24.114.

Dunque, i positivi censiti di Ariano sono otto volte quelli dell’Irpinia tutta, dieci volte quelli della Campania, due volte e mezza quelli nazionali. Di morti ne abbiamo otto volte e mezza l’Irpinia, diciotto volte la Campania, due volte e mezza l’Italia.

Ariano Irpino è zona rossa da 37 giorni: sarà stata monitorata adeguatamente, tenendo conto che vale da sola quasi metà provincia? Ebbene, ribadito che la rilevazione di contagi si fa correttamente solo con i tamponi, abbiamo finalmente saputo ieri che sono stati eseguiti ad Ariano 879 tamponi su 505 soggetti, pari al 3,95% della popolazione (come tamponi totali, ma scende al 2,27% considerando il numero di persone coinvolte). Di questi, però, 268 nell’ultima settimana, quando i contagi sono stati di pochissime unità. Seicento, o poco più, nel periodo più intenso.

Nella zona rossa di Vò, in Veneto, i tamponi sono stati fatti praticamente all’intera popolazione di circa tremila abitanti, con completa eliminazione del contagio. Lì è stato accertato un numero elevatissimo di positivi asintomatici, ma comunque contagiosi, completamente sfuggiti a qualsiasi controllo nella zona rossa nostra.

Francamente preoccupa che i “tamponati” negativi sono soltanto 356 rispetto a 149 positivi; per ogni malato sono stati controllati 2,4 sani. Diventano ancora meno se si considera che quasi cento tamponi sono stati dedicati al solo centro Minerva. In pratica, i tamponi non sono stati fatti neanche a tutti i conviventi dei positivi. Ad esempio, tutti abbiamo visto il filmato de L’Espresso: le persone che erano con il povero vecchietto per il quale non c’era posto in ospedale sono mai state controllate? Restano non fatti i tamponi al personale sanitario (ospedale, 118 ecc.), soggetti a rischio ed altri elencati nella nota circolare del Ministero della Salute del 3/4/2020: per la diagnosi i test sono inutili.

Proprio non si poteva fare di più nel focolaio dove gli infetti sono il decuplo che nella Regione? Comunque, quanti sono i positivi tra dipendenti e pazienti dell’ospedale, quanti tra i contatti diretti di costoro? A proposito: i duecento partecipanti alla festa posta a base della prima dichiarazione di zona rossa che fine hanno fatto? In zona rossa può bastare un’indagine epidemiologica su 356 negativi, pari all’1,6% della popolazione? A Vò, si ripete, l’indagine ha riguardato praticamente il 100%. Gli interrogativi restano, come restano pochi i tamponi, benché sia ormai possibile processarli al Biogem: non è mai stato comunicato se e quanti tamponi sono stati lì inviati. Vale la pena di sfruttare questa disponibilità fino in fondo, almeno per medici, infermieri, OSS e personale delle pulizie dell’ospedale e del 118: gli si dia sicurezza, anche realizzando al più presto percorsi separati covid e non-covid in pronto soccorso e radiologia.

Non possiamo stare tranquilli. Far proseguire la zona rossa soltanto perché serve tempo per distribuire mascherine è così chiaramente risibile da apparire pretestuoso e finalizzato ad occultare altro. Almeno il Commissario Prefettizio, stante a quanto si legge nell’ordinanza di ieri, aveva manifestato preoccupazioni e cautele non legate ai dispositivi di protezione; sollevava questioni legittime, più o meno discutibili, ma non ha corresponsabilità in quella che francamente (ed ancor più dopo aver visto le prime foto di oggetti monouso che si è iniziato a distribuire) mi sento di definire la pagliacciata delle mascherine.

Chiusa questa parentesi, mi auguro che si torni alla serietà che l’ancora attuale tragedia richiede.

Vittorio Melito