“Un’estate, un ‘avventura in più”, così 31 anni fa cantavano Gianna Nannini ed Edoardo Bennato. L’8 giugno del 1990 si apriva il Mondiale italiano, in uno stadio San Siro traboccante di gente e colori. Le Notti Magiche di Italia ’90 tra le magie di Baggio, gli occhi spiritati di Schillaci e i beffardi rigori contro l’Argentina. In quel campionato del mondo, con l’Italia di Azeglio Vicini, c’era anche Roberto Mancini. Nella Sampdoria era il centro di gravità permanente, con la Nazionale era uno dei tanti grandi giocatori di quella squadra. In quel mondiale Mancini non giocò neanche un minuto.

L’attuale c.t. dell’Italia del calcio ha un conto da saldare con l’azzurro. 2 anni prima, all’Europeo tedesco del 1988, Mancini c’era. Il 10 giugno, proprio contro i tedeschi, il Mancio segna e sfoga tutta la sua rabbia verso la tribuna stampa, contro i giornalisti troppo critici verso di lui. Il Mancini allenatore è totalmente diverso dal Mancini giocatore. La sua Italia è una squadra bella da vedere, solida (27 partite senza sconfitte sono lì a dimostrarlo) e con un’identità chiara, anzi chiarissima. Venerdì comincia un Europeo, che è un’occasione di riscatto per tutto il calcio italiano dopo un’annata non proprio indimenticabile nelle coppe internazionali per i nostri club.

L’Italia non vince l’Europeo dal 1968. Riva e il compianto Anastasi aspettano ansiosi i proprio eredi. Nell’ultimo decennio gli azzurri sono andati meglio in campo continentale che in quello mondiale: una finale persa nel 2012 e un quarto di finale perso ai rigori nel 2016 con una squadra oggettivamente modesta. E’ una Nazionale molto Made in Sud con Donnarumma, Florenzi, Insigne, Immobile più gli oriundi verde-oro Jorginho, Emerson Palmieri e Toloi. Sarà la prima competizione a squadre dell’era Covid. Si comincerà a Roma. L’Olimpico non sarà quello delle Notti Magiche, dove ogni spettatore presente sembrava possedere una bandiera tricolore. Ma sarà uno stadio con degli spettatori sugli spalti: finalmente.

Coraggio, azzurri.