Comodato d’uso della casa familiare: diritti e doveri delle parti, come tutelarsi, rimedi esperibili - Avv Guerino Gazzella

di , Venerdì, 22 Dicembre 2023

Comodato d’uso della casa familiare: diritti e doveri delle parti, come tutelarsi, rimedi esperibili.

Nel contratto di comodato una parte (comodante) consegna all’altra un bene, affinché se ne
serva per un tempo ed un uso determinato, con l’obbligo di restituire la cosa ricevuta (art.
1803 c.c.).
Specifichiamo in premessa i diritti e gli obblighi di comodante e comodatario.
Il comodante:
• Non può chiedere la restituzione dell’immobile prima del termine fissato (nel
comodato a termine);
• Non deve recare molestia al comodatario;
• Deve informare il comodatario degli eventuali vizi dell’immobile che potrebbero
limitarne l’uso art. 1812 c.c., in difetto può essere obbligato al risarcimento del
danno.
Il comodatario:
• Ha diritto di usare il bene per il tempo stabilito;
• Ha il diritto di tutelare il proprio godimento da molestie e turbative, del comodante
o di terzi;
• Ha l’obbligo di custodire e conservare il bene;
• Ha l’obbligo di sostenere le spese necessarie alla custodia e alla conservazione del
bene;
• È responsabile del perimento o deterioramento del bene.
Una differenza sostanziale occorre effettuarla in merito al comodato a termine ed il
comodato precario, poiché mentre quest’ultimo è sine die, ovvero le parti non convengono
un termine per la restituzione, il comodato a termine prevede l’indicazione di un termine
specifico per la restituzione del bene, termine che a sua volte può differenziarsi in esplicito
ed implicito; il termine è esplicito qualora sia indicato un termine specifico per la
restituzione del bene, ad esempio 6 mesi o 1 anno; il termine è implicito qualora la durata
del comodato dipenda dall’uso specifico a cui il bene è destinato.

Nel caso di specie, il comodato d’uso della casa familiare è un comodato a termine implicito,
in quanto destinato a soddisfare le esigenze abitative della famiglia, oppure destinato a casa
familiare degli sposi.
Le problematiche per tale tipo di comodato sono varie, ma soffermiamoci su uno dei casi
più comuni: la sopravvenienza della crisi coniugale.
Il comodato di un bene immobile, stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo
familiare, ha un carattere vincolato alle esigenze abitative familiari, sicché il comodante è
tenuto a consentire la continuazione del godimento oltre l’eventuale crisi coniugale, salva
l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno ai sensi dell’art. 1809,
comma 2, c.c., ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione
il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela
della prole e il contrapposto bisogno del comodante.
Nel caso di una coppia di fatto, che non sia legata da nessun vincolo coniugale, vale lo stesso
principio, ovvero di tutela della parte beneficiaria del comodato, poiché coerente con i
bisogni abitativi del comodato ad uso abitativo e dunque di durata corrispondente a tali
bisogni. Difatti, con ordinanza del 24.04.2023 n. 10895 la Cass. civ., Sez. III ha statuito in
favore della comodataria, rigettando la richiesta di restituzione del bene e risoluzione del
comodato, eccependo che il contratto non avesse natura precaria, poiché finalizzato a
soddisfare il diritto al godimento del bene fino a che quel bisogno fosse durato.
Pertanto, la giurisprudenza è ormai granitica sul punto che il comodato di immobile
destinato a casa familiare ha una durata determinabile per relationem, e ciò
indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale. Salvo diverso accordo tre le parti,
il comodante potrà ottenere il rilascio dell’immobile solo alla scadenza del termine implicito
di durata ovvero nelle particolari ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevedibile
bisogno, che come sancito dalla Cass. S.U. 20448/2014 deve avere le caratteristiche di serietà,
concretezza ed imminenza.
Un esempio pratico lo riscontriamo nelle pronunce della Suprema Corte, ovvero nelle
sentenze Cass. N. 18619/2010 e Cass. N. 4917/2011: i proprietari dell’immobile, che nella
maggioranza dei casi sono i genitori del marito, non possono chiedere alla moglie,
collocataria della prole, la restituzione dell’abitazione salvo che dimostrino di averne
bisogno, ma il suddetto bisogno deve qualificarsi come “serio, non voluttuario, né
capriccioso o artificiosamente indotto”.

La Cass. civ., Sez. III, con ordinanza n. 9990 del 10.04.2019 ha specificato che il contratto di
comodato di “lunga durata”, figura nella quale si inscrive la concessione in godimento
dell’immobile al quale è impressa la destinazione d’uso per le esigenze della famiglia, non
può ritenersi scollegato dalle vicende del nucleo familiare, tanto nel momento fisiologico,
che in quello patologico della convivenza matrimoniale o di fatto, in presenza di minori o
di figli non autosufficienti, così come accertate nel provvedimento giudiziale adottato dal
Giudice nel procedimento di separazione o di divorzio, atteso che solo in seguito a tale
provvedimento risultano verificate le condizioni legali che consentono l’assegnazione della
casa familiare, in difetto delle quali cessa il presupposto che legittima l’assegnatario, che
non era titolare di diritti sull’immobile, a permanere nel godimento del bene.
A cura dell’Avv. Guerino Gazzella - 22/12/2023