Clausole Vessatorie - Avv. Guerino Gazzella

di , Venerdì, 22 Marzo 2024

Clausole vessatorie

Le clausole che determinano uno squilibrio del contratto, ovvero che siano a vantaggio di un
contraente ed a sfavore dell’altro, sono le clausole vessatorie che il codice civile ed il codice del
consumo disciplinano rispettivamente agli artt. 1341 e 1342 c.c. e artt. 33 ss d.lgs. 205/2006 nel
codice del consumo.
L’utilizzo delle une o delle altre si distingue a seconda della natura dei contraenti:
si applicherà la normativa del codice civile nel caso di contratti conclusi tra professionisti o
imprenditori (business to business) o tra consumatori (consumer to consumer), ed è importante
sottolineare che si applicherà la disciplina consumeristica nel caso in cui uno dei contraenti sia un
consumatore e l’altro sia un professionista o imprenditore.
Tali clausole, inserite all’interno di un regolamento contrattuale, per il loro contenuto comportano
uno squilibrio di diritti ed obblighi a danno di una parte ed a favore di un’altra.
In sostanza, la clausola “vessa” un contraente a beneficio dell’altro, ad esempio si pensi alla clausola
che escluda per una parte la facoltà di richiedere la risoluzione per inadempimento o il diritto al
risarcimento del danno.
Le clausole onerose si trovano, con maggiore frequenza, nei contratti standard e nei contratti
conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti unilateralmente.
In altre parole, si parla di fattispecie contrattuali in cui il contratto è diretto a regolare una serie
indefinita di rapporti, ed è predisposto unilateralmente da uno solo dei contraenti, mediante
l’impiego di condizioni generali di contratto.
Si pensi al contratto di telefonia o a quello per la fornitura di energia elettrica, in entrambi i casi lo
schema contrattuale è già standardizzato e dunque predisposto in modo tale da escludere eventuali
trattative, per cui l’utente non ha la possibilità di incidere sul contenuto.
L’elenco delle clausole vessatorie contenuto nell’art. 1341 c.2 c.c. viene considerato tassativo,
mentre l’elenco di cui all’art. 33 Cod. Cons. non è tassativo.
È importante sottolineare che la disciplina codicistica non parli di “clausole vessatorie” bensì di
“clausole onerose”, fra cui le clausole contenenti limitazioni di responsabilità, clausole contenenti
la facoltà di recedere dal contratto, clausole contenenti la facoltà di sospendere l’esecuzione del
contratto, clausole che sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, clausole che sanciscono
a carico dell’altro contraente decadenze, clausole contenenti limitazioni alla facoltà di opporre
eccezioni, clausole contenenti restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, clausole
contenenti tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole contenenti clausole
compromissorie, clausole contenenti deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Ovviamente quando il contratto è concluso tra un professionista/ imprenditore ed un consumatore
si applica il codice del Cosumo (d.gls. 205/2006).
Di solito, i contratti stipulati dalle imprese con i consumatori sono contratti standard, ma la disciplina
consumeristica si applica al singolo contratto, stipulato per un determinato affare, se predisposto
unilateralmente dal contraente forte.
Le clausole vessatorie, sono tali quando comportano un significativo squilibrio dei diritti e degli
obblighi derivanti dal contratto e tale presunzione di vessatorietà comporta che, in difetto di prova
contraria da parte dell’imprenditore o professionista, le suddette clausole siano nulle.
Dunque, l’onere della prova è a carico di chi voglia provare la non vessatorietà delle stesse.
Ci sono anche delle clausole, che apparentemente possono palesarsi come vessatorie ma che
riproducono semplicemente disposizioni di legge, oppure clausole che siano riproduttive di
disposizioni attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti
contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o l’Unione europea, le clausole o gli elementi
di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale.
L’art. 33 comma 2 contiene un elenco non tassativo delle clausole che si presumono vessatorie.

Difatti, può parlarsi di “lista grigia”, in quanto le clausole ivi contenute sono vessatorie solo fino a
prova contraria.
Le clausole vessatorie devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile, infatti, in caso di
dubbio, prevale l’interpretazione della clausola che risulti. Più favorevole al consumatore, trattasi
della cosiddetta interpretatio contra stipulatorem prevista, in via generale, anche dall’art. 1370 c.c.
Le imprese e tutti i professionisti che si avvalgono di condizioni generali di contratto possono adire
preventivamente l’Autorità garante della Concorrenza e del mercato (AGCOM) per far esaminare i
moduli o formulati impiegati, onde evitare contestazioni sulla vessatorietà delle clausole.
Dunque, questa vessatorietà è valutata tenendo conto la natura del bene o del servizio oggetto del
contratto, le circostanze esistenti al momento della sua conclusione e valutando le altre clausole
del contratto medesimo.
La valutazione del carattere non potrà essere valutata tenendo conto dell’oggetto del contratto,
dell’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, sempre che tali elementi siano individuati
in modo chiaro e comprensibile.
A cura dell’Avv. Guerino Gazzella 22/03/2024