Cerimonia di Inaugurazione dell’anno giudiziario, l'intervento dell’Avvocato Fulvio Pironti

di , Sabato, 27 Gennaio 2018

Corte d’Appello di Roma, 27\1\2018 Intervento dell’Avvocato Fulvio Pironti - Presidente Associazione Forense Nazionale A.M.B.

* * *

Sommarizzazione del processo civile e rottamazione delle controversie condominiali

Ringrazio Sua Eccellenza il Presidente Panzani per l’invito rivolto all’Associazione Forense Nazionale AMB e porgo un deferente saluto al Procuratore Generale Salvi, al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Legnini, al Vicepresidente della Corte Costituzionale Lattanzi, al Primo Presidente della Corte di Cassazione Mammone, al Presidente dell’Ordine forense di Roma Vaglio, ai rappresentanti del Ministro della Giustizia e dell’Avvocatura Generale dello Stato, ed Autorità presenti in sala.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ai reiterati tentativi, fortunatamente falliti, tesi ad introdurre la sommarizzazione nel processo civile dinanzi al giudice monocratico. Il Sodalizio forense che mi onoro di presiedere ha espresso ferma contrarietà alla legiferazione del processo civile sommario poiché marcatamente violativo del diritto di difesa. Le riforme della Giustizia andrebbero concertate con la classe forense e non calate dall’alto in modo autoritario e dispotico. Nella cognizione semplificata il magistrato «procede nel modo che ritiene più opportuno» mentre nella cognizione ordinaria deve procedere nel rispetto di regole predeterminate dal codice processuale civile. Dunque, se il procedere nel modo e forma che il giudice ritiene più opportuno dovesse essere trasformato in regola generale del giudizio per tutte le cause monocratiche l’odierno rito cognitivo rimarrebbe residuale per le sole e poche cause collegiali. 

La eccessiva deformalizzazione del rito semplificato e l’amplissimo margine discrezionale assegnato al giudice nel dirigere il procedimento importerebbe, di fatto, l’inevitabile abolizione del processo civile. Invero, la conversione della cognizione ordinaria in sommaria attribuirebbe al magistrato ingenti facoltà e poteri spogliando il cittadino delle fondamentali garanzie. L’idea di sommarizzare il processo civile è inadatta a fronteggiare questioni complesse e rilevanti. Comprimerlo a discapito delle più elementari garanzie è un errore macroscopisco. Il diritto civile non è il diritto del lavoro, è materia vastissima, abbraccia una molteplicità di fattispecie che vanno trattate mediante le memorie previste dagli artt. 183 e 190 c.p.c. Si provi ad immaginare un importante processo nel quale orbitano interessi economici apprezzabili senza la concessione delle anzidette memorie. Si consideri, poi, che con il prossimo riversamento delle competenze civili ai giudici di pace, resteranno all’esame dei tribunali solo questioni di elevato spessore. E fronteggiarle con riti sommari andrebbe a danno della qualità processuale e delle garanzie difensive. 

Altra questione spinosa. Nel tentativo di rispondere ai variegati bisogni dell’apparato giustiziale, assistiamo da tempo al declino della legislazione poiché spesso si rivela inadeguata e frutto di una insufficiente analisi. Il D. Lgs. n. 116 del 13\7\2016 ha ridisegnato l'impianto fondativo della magistratura onoraria incrementando le competenze dei giudici di pace. Il progetto riformatore, volto alla rottamazione delle controversie, ha interamente sottratto alla magistratura togata le cause in materia di condominio degli edifici devolvendone la trattazione ai giudici di pace. Sul delineato impianto si era espresso criticamente il Consiglio Superiore della Magistratura il quale aveva ribadito che «le prospettive di riduzione del carico della giurisdizione, la auspicata copertura degli organici della magistratura professionale, oltre che la rilevanza e complessità tecnica di alcune delle materie affidate alla cognizione del giudice ordinario, sembrano sconsigliare la ulteriore estensione delle competenze prevista dal disegno di legge in esame». Ammonimento rimasto purtroppo inascoltato da politiche tanto approssimative quanto inadeguate. 

Quale altra ragione avrà concorso a determinare una così madornale pecca? Purtroppo, serpeggia un diffuso luogo comune secondo il quale la natura delle controversie condominiali verrebbe considerata semplicistica e bagatellare. Si ignora che in tali contenziosi si annidano galassie di questioni difficoltose disseminate di percorsi accidentati. Per fare qualche esempio, rammento le questioni legate al regime giuridico dei supercondominii, condominii parziali, condominii orizzontali, condominii minimi, condominii multiproprietari, consorzi edificatori, questioni interpretative legate alle clausole regolamentari assembleari e contrattuali, etc. Non poche, poi, sono le questioni di impegnativa trattazione che si avviluppano intorno ai beni comuni, opere modificative e innovative, sopraelevazioni, quelle che concernono le inadempienze dell'amministratore e la validità dei deliberati assembleari. Sul tronco della normativa condominiale codicistica si innestano una pletora di orientamenti giurisprudenziali, tant'è che le Sezioni Unite del Supremo Consesso sono intervenute frequentemente per dirimere significativi contrasti. Per rimarcare la particolare vivacità di una materia ostica e magmatica, si richiamano, fra i copiosi interventi nomofilattici, quelli riguardanti la forma impugnatoria delle delibere assembleari (2011), il consenso necessario per approvare le tabelle millesimali (2010), la legittimazione processuale dell'amministratore (2010), la natura parziaria dell'obbligazione (2008), il rimborso spese del condomino nei complessi costituiti da due partecipanti (2006), le aree destinate a parcheggio (2005), la qualificazione delle delibere nulle e annullabili (2005), il condomino apparente (2002). 

Il trasferimento ai giudici di pace del contenzioso condominiale si disvelerà deleterio soprattutto perché determinerà il massivo accrescimento di contenzioso in sede di gravame imputabile alla elevatissima complessità della disciplina. Ecco perché si ha ragione di esprimere viva preoccupazione per milioni di condòmini dissentendo con fermezza dal legiferato riassetto giurisdizionale. Dunque, la riforma della sfera giurisdizionale del giudice di pace rischia di cagionare, per quanto inerisce il diritto condominiale, danni irreparabili. Si tenga conto che la proprietà immobiliare ad uso abitativo è il bene più diffuso fra gli italiani per cui è giusto che la sua salvaguardia continui ad essere apprestata dalla magistratura togata. Né va sottaciuta la enorme disparità di trattamento se compariamo la integrale devoluzione della materia condominiale con altre per le quali sono stati introdotti prudenziali correttivi. 

Pur ritenendo prezioso l'operato dei giudici di pace, appare oltremodo difficile immaginare come potranno essere garantiti i diritti dei cittadini quando dal 30\10\2025 verrà sottratta ai togati una materia come il condominio per le cui soluzioni sono richiesti approfonditi studi. Una errata sentenza del giudice di prime cure condurrà inevitabilmente al superiore grado sicché le cause che la politica ha immaginato di decongestionare rinfoltiranno a dismisura i tribunali. Lanciamo perciò un accorato appello affinché la normativa venga emendata: la politica ha il dovere di rivederla apportando i debiti correttivi. Le tipologie contenziose da riversare alla giustizia onoraria andrebbero ricercate fra quelle contrassegnate da una minore complessità lasciando quelle più impegnative all’esame dei tribunali.

Va rammentato che il diritto condominiale ha suscitato nell’ultimo ventennio una crescente attenzione fra gli studiosi e operatori della giustizia. Ciò è imputabile alla massiva creazione di significativi istituti giuridici di derivazione giurisprudenziale. Si aggiunga, a vivificare la sfera di interesse della disciplina condominiale, il titanico contenzioso testimoniato dalle innumerevoli pronunce e l’ampio dibattito, tuttora in essere, sulle luci e ombre derivante dalla riforma sul condominio. Il Sostituto Procuratore generale della Cassazione, Alberto Celeste, ha acutamente osservato che dopo il tramonto della civiltà contadina la litigiosità si è spostata sugli edifici condominiali. Le controversie rappresentano ormai una considerevole fetta del processo civile, tant’è che uno studio del Censis nel 2004 evidenziò che in Italia vengono intentate più di ottomila cause condominiali all’anno. 

La communio, che già nel diritto romano veniva definita come mater discordiarum, pone oggi all’interprete, allo studioso e all’operatore del diritto questioni estremamente complesse. Le molteplici sfaccettature dell’istituto condominiale (le cui propaggini si addentrano negli àmbiti della proprietà immobiliare, comunione ordinaria, legislazione urbanistica), le variegate problematiche che si interfacciano fra quelle tecniche, amministrative, fiscali e legali, l’evoluzione di nuove realtà edilizie e le frequenti dubbiezze nella interpretazione degli articolati normativi - emanati o emendati, rincresce sottolinearlo, da un Legislatore talvolta disattento - hanno contribuito sempre più alla inesorabile nascita di vertenze giudiziarie. 

Mi avvio alla conclusione formulando l’auspicio per l’incipiente anno giudiziario affinché, attraverso il contributo di una accorta e rinnovata politica si consegni al Paese una Giustizia nel reale interesse dei cittadini.



Articoli Correlati