In vari Comuni dell’Irpinia anche quest’anno si celebra la “Passione di Cristo” nel giorno di Venerdì Santo. E’ noto che la consapevolezza del Cristo sulla propria missione e come realizzarla rappresenta il pilastro principale della Passione stessa. L’aspetto psicologico della coscienza di Gesù diventa teologico nel rapporto di comunione con il Padre celeste. Per quanto Gesù accetti il sacrificio e la sofferenza nel compiere la volontà del Padre per rivitalizzare gli esseri umani, egli ha voglia di Dio, desidera anche ritornare alla casa del Padre.
Ricordiamo il salmo: “L’anima mia ha sete di te, Signore.” Quindi diventa accettazione fiduciosa e serena delle pene-sofferenze (croci) quotidiane, per far sempre la volontà del Dio Padre, anche quando chiama i suoi figli a salire, soffrendo, il Calvario insieme a Gesù per salvare il mondo; certo è un fatto misterioso: la croce-sofferenza, accettata e offerta a Dio, diventa quasi una risposta d’amore. Nella religione cristiana emerge una santità nascosta o segreta della croce,nel senso di una unione con Gesù crocifisso e come via per la santità.
Il Principe musicista Gesualdo fu autore anche di musica sacra dedicata alla Pasqua: il Tenebrae-Responsoria per Giovedì, Venerdì e Sabato santo.
In Carlo Gesualdo, lo sconvolgimento dell’osservanza cattolica compositiva in ambito liturgico, appena annunciato nelle Sacrae Cantiones, si realizzava in modo impressionante nei Responsoria per la Settimana Santa: una triste ed aspra meditazione sulla Passione di Cristo, legata alla più luttuosa liturgia cattolica. I ventisette brani che compongono l’ufficio delle Tenebrae sono appunto da cantarsi al calare della notte della vigilia dei giorni santi. Un canto liturgico nato nel Medioevo nel quale, in origine, l’officiante dialoga con l’assemblea dei fedeli, un modulo che successivamente subisce trasformazioni ed è stato musicato in modi diversi. Alla drammaticità dei testi si aggiungeva la suggestione rituale: spenti uno dopo l’altro i quindici ceri disposti nel coro a forma di triangolo, la chiesa sprofondava in una totale oscurità.
Nei Responsoria di Carlo Gesualdo affiorano le emozioni religiose che scaturiscono dal mistero della redenzione e della tormentata “estasi gesualdiana”. Carlo trasferisce in ambito sacro i procedimenti adottati nelle sue raccolte madrigalistiche e sembra rivivere in prima persona le sofferenze di Cristo. Le scarse testimonianze relative agli ultimi anni di vita del Principe ci mostrano un uomo sempre più in pena per le sue gravi, continue indisposizioni e malattie. Carlo manifesta un vero parossismo penitenziale: mezzo di grazia diventano la sofferenza e le macerazioni corporali, secondo i più estremi modelli del “masochismo cristiano “. Il Principe riattraversa nella contemplazione del lento consumarsi del corpo, il percorso della Passione di Cristo sofferente. Attraverso queste opere sacre straordinarie, veri e propri inni alla misericordia divina, Carlo tenta di rimeritare un paradiso perduto, la speranza nell’aldilà, nel Dio misericordioso. Il principe non aveva mai perso la fede in Dio, rispettava la Sua volontà e conosceva la rassegnazione cristiana. Qualcuno ha definito i Responsoria quale capolavoro assoluto del Tardo Rinascimento.
Giovanni Savignano, biografo del Principe