La vicenda COVID-19, che stiamo tuttora vivendo, sta rappresentando certamente un momento critico per la sanità italiana, in generale, e, per quella provinciale, in particolare. Nella nostra realtà, molte situazioni hanno messo in evidenza limiti e contraddizioni del sistema sanitario, così come oggi è organizzato in Irpinia e, probabilmente, una luce piena sui singoli aspetti, la avremo soltanto quando ci sarà modo di uscire pienamente da questa emergenza. Intanto non si può non registrare in maniera obiettiva, come la provincia di Avellino abbia pagato un prezzo molto alto in termini di pazienti colpiti dal virus così come non si possono certamente dimenticare le gravi difficoltà affrontate dagli Ospedali di Avellino ed Ariano Irpino ( quest’ultimo costretto a chiudere il PS per 9 giorni) soprattutto nei primi giorni di marzo; o ancora, in particolare, il focolaio della cittadina del Tricolle, identificata per oltre un mese come “zona rossa” e dunque chiusa, senza peraltro che tutto questo abbia determinato a tutt’oggi una frenata definitiva del contagio. In questo periodo, all’interno delle strutture nosocomiali, o nel sistema di soccorso territoriale 118, è stato altissimo il tributo offerto dagli operatori, molti dei quali colpiti in maniera anche estremamente grave dall’infezione; soprattutto nelle fasi iniziali della crisi, essi hanno lavorato in evidenti carenze di organico e di dispositivi di protezione pur di assicurare un’ assistenza e un trattamento adeguati alla gravità della situazione: ad essi non possiamo che rivolgere il nostro più vivo apprezzamento, oltre che la sincera riconoscenza. Ma anche in ambito territoriale le cose hanno funzionato poco e male: molte informazioni giunte attraverso gli organi di stampa, hanno riferito come tante famiglie colpite dal COVID-19, soprattutto nelle zone rurali, si siano sentite abbandonate e senza alcuna indicazione circa le modalità necessarie ad affrontare questo nemico tanto subdolo ed insidioso.
Il sistema sanitario irpino certamente paga in queste settimane i pesantissimi ed ingiustificati tagli, a partire dal 2009, ai finanziamenti dei fondi al Moscati, in termini di risorse umane e di mancato adeguamento strumentale, ma anche gestioni basate sulla comunanza politica prima ancora che sulla comprovata competenza ed esperienza.
Mentre si comincia a parlare di “Fase 2”, CONTROVENTO ritiene indispensabile affermare che proprio le difficoltà e i problemi emersi fin qui, debbano spingere a costruire una nuova stagione in ambito sanitario, una stagione che veda una doverosa ristrutturazione dell’attuale assetto provinciale.
- Gestione ospedaliera e territoriale. È giunto evidentemente il tempo di modificare l’attuale organizzazione che vede la commistione di queste due gestioni, due ambiti diversi che come tali vanno evidentemente guidati, pur con gli inevitabili collegamenti. Ecco dunque porsi la necessità della creazione di un’Azienda Sanitaria locale, deputata alla gestione della sanità, ma anche dell’assistenza territoriale (medici di famiglia, assistenza farmaceutica, epidemiologia e prevenzione, gestione veterinaria, collegamento coi Piani di Zona) e di un’Azienda ospedaliera che si occupi in maniera esclusiva dell’organizzazione nosocomiale;
- Il rapporto fra “pubblico” e “privato”. Esso va inevitabilmente rivisto, e dovrà essere necessariamente l’Ente pubblico, in maniera netta, inequivocabile e trasparente a stabilire indirizzo e scelte complessive, alle quali evidentemente le strutture private debbono adeguarsi;
- L’ organizzazione ospedaliera: essa va adattata a ciò che il progresso tecnologico sta realizzando sul piano delle conquiste e di conseguenza su quello dell’offerta di prestazioni per le singole patologie. La malattia COVID-19, con la quale dovremo evidentemente convivere, almeno per i mesi a venire, impone la necessità di stabilire spazi adeguati e separati, per trattare i pazienti che ancora in un futuro dovessero essere colpiti da tale patologia. E se ad Avellino, la soluzione è stata trovata con la palazzina ALPI, che garantisce percorsi autonomi per tali pazienti, ancora non è chiaro in che modo e con quali modalità si andrà a reperire un secondo polo COVID-19 nel territorio provinciale. Resta tuttavia, in assoluto, il problema di una nuova e più razionale organizzazione dei plessi ospedalieri irpini. Continuare a immaginare piccoli ospedali “fotocopia” tra loro, non in grado peraltro di garantire la prestazione più adeguata, soprattutto nel campo dell’urgenza/emergenza, rappresenta un rischio per la popolazione, piuttosto che un vantaggio; in questo senso purtroppo prevale ancora l’interesse a voler presentare ai cittadini delle comunità di appartenenza, l’Ospedale come una sorta di “trofeo” che dimostri il proprio impegno di amministratore locale, piuttosto che come il luogo in cui il cittadino debba ricevere le risposte più appropriate rispetto alla legittima domanda di salute di una comunità. Tutto questo evidentemente determina anche una dispersione di risorse umane ed economiche, ancora più grave in un’epoca in cui le risorse stesse vanno razionalizzate. Ecco allora come appaia ben più ragionevole garantire un’ampia diffusione di punti di “Primo Soccorso” in cui il paziente possa ricevere l’immediata diagnosi , anche attraverso l’ausilio delle tecnologie telematiche (telecardiologia, teleradiologia), ottenere un primo trattamento se necessario, per essere immediatamente dopo trasferito nel centro più idoneo rispetto alle sue problematiche; un trasferimento da realizzare attraverso percorsi già preordinati e concordati fra le varie strutture , senza alcun tempo di attesa o rischio di assenza di disponibilità di posto . E come conseguenza razionale , noi riteniamo necessario pensare alla grande struttura della Città Ospedaliera, come il luogo delle attività di livello organizzativo e tecnologico più alto, esonerandola da tutte le attività di livello intermedio , da affidare invece alla seconda struttura ospedaliera generalista, l’Ospedale di Ariano Irpino, già individuato dal Piano Ospedaliero del 2018 come DEA di I livello ( e che come tale va evidentemente rafforzato, mancando al momento di alcune attività assolutamente precipue quali i reparti di oculistica e otorino nonché di attrezzature essenziali quali la RMN e la stessa Emodinamica come meglio verrà chiarito in seguito). Le altre strutture ospedaliere (Solofra, S.Angelo dei Lombardi e la stessa Bisaccia) , ferma restando la prerogativa per ciascuna di esse, di Centro di Primo soccorso, andranno evidentemente valorizzate e identificate come centri con specifiche vocazioni (Riabilitazione, Medicina del lavoro, SPDC, Lungodegenza) e adeguate di conseguenza.
- In questo settore delicato, va ribadita la necessità di provvedere in maniera rapida ad un forte inserimento di nuovo personale sia medico che infermieristico che socio-sanitario. Come già detto ad inizio di questo documento, le carenze di organico sono state una delle ragioni più serie delle difficoltà affrontate rispetto all’emergenza COVID-19. L’età media degli operatori sanitari è in crescita significativa, soprattutto nell’ambito medico (attualmente oltre i 50 anni) e in numerosi reparti il ricorso a ore di prestazioni straordinarie/aggiuntive è l’unico modo che consente la continuazione delle attività. Così come resta discutibile, soprattutto per l’ambito infermieristico e sociosanitario, il ricorso a cooperative di servizi o addirittura a trattative dirette, con personale che, alla prima opportunità di incarico stabile in altre Aziende, lascia e va via in cerca di una prospettiva più garantita: è quanto avvenuto proprio nella vicenda COVID-19, in cui, mentre in tante Aziende Sanitarie sia regionali che extra si provvedeva all’assunzione a tempo indeterminato o comunque con incarichi a lungo termine, nella nostra realtà provinciale si è continuato ricercare operatori da ingaggiare con contratti di tipo libero-professionale di corto respiro, personale che, spesso, in contemporanea svolge altrove ulteriori attività anche esse di tipo precario.
- Le reti tempo-dipendenti. Attualmente funziona in maniera discreta la sola rete dell’infarto miocardico, grazie alla relazione “118 – Hub&Spoke “fra il sistema 118 e le cardiologie di Ariano Irpino (centro UTIC spoke) e Avellino (Hub con Emodinamica). Anche in questo caso tuttavia le incongruenze sono evidenti. Esistono infatti sul territorio irpino (2800 Kmq), due emodinamiche dove praticare il trattamento di elezione in caso di infarto (l’angioplastica primaria) ed esse sono allocate a due km di distanza fra loro: la pubblica del Moscati ad Avellino, quella accreditata della Clinica Montevergine a Mercogliano. Il restante territorio risulta completamente sguarnito ed i cittadini dei territori periferici impossibilitati ad ottenere questo trattamento essenziale, nei tempi-limite previsti dalle linee-guida. Appare dunque indispensabile installare presso l’Ospedale di Ariano Irpino un secondo laboratorio di emodinamica che possa garantire la popolazione alto irpina e ufitana. Le reti ictus e politrauma al momento sono completamente assenti e vanno organizzate tempestivamente e in maniera efficace. Va risolta immediatamente la paradossale questione della trombolisi precoce nell’ictus cerebrale (procedura in grado di ridurre la mortalità e soprattutto la disabilità di questa grave patologia), la quale, dopo essere stata avviata presso la Neurologia di Ariano Irpino, è stata interrotta da un provvedimento regionale incomprensibile e non ancora revocato.
- Il sistema dell’emergenza 118. Va anch’esso completamente rivisto e ristrutturato. Le postazioni che attualmente prevedono la presenza del medico, hanno un personale infermieristico e soccorritore, gestito totalmente e in maniera autonoma dalle Associazioni di volontariato con modalità da ridefinire, anche sotto il profilo della trasparenza. Così come le postazioni non medicalizzate (i cosiddetti punti STIE) appaiono mal distribuiti sul territorio, costosi e mal organizzate, anch’esse totalmente affidate ad una gestione scarsamente controllata, delle Associazioni di volontariato. Il servizio di emergenza 118, che a breve, anche in provincia di Avellino, dovrà vedere l’unificazione fra Centrale Operativa ed Emergenza territoriale, oltre ad essere caratterizzato da una rete capillare, efficiente ed efficace, di ambulanze, dovrà necessariamente prevedere una possibilità più ampia dell’utilizzo dell’elisoccorso, attualmente limitato alle sole ore diurne, all’interno del Moscati o nelle immediate vicinanze. In questo senso appare indifferibile la realizzazione, all’interno dell’Ospedale Moscati, della piattaforma di atterraggio per gli elicotteri, attualmente assente.
- La medicina territoriale. Occorre assolutamente procedere ad una vera rivoluzione del ruolo dei medici di famiglia, la prima frontiera per qualunque persona che abbia bisogno di un intervento nel campo della salute, ma anche il ruolo stesso della Continuità Assistenziale (l’ex Guardia Medica), che attualmente svolge più un ruolo di prima occupazione per i giovani medici, che di vero e utile servizio per la popolazione. Ma la medicina territoriale significa anche attività ambulatoriali, oggi affidate, soprattutto per quelle di livello di complessità appena più alto, agli Ospedali, con inevitabile congestione degli stessi e realizzazione di quel fenomeno doloroso delle liste di attesa interminabili, un fenomeno che penalizza soprattutto le classi sociali meno abbienti. Ecco allora la necessità di perseguire modelli virtuosi, già operanti da anni in regioni come l’Emilia Romagna: è il caso delle cosiddette “Case della Salute”, organizzate per livelli di offerta, in cui coesistono i medici di famiglia, gli specialisti ambulatoriali, attività di assistenza infermieristica e le attività strumentali ( laboratorio di analisi, radiologia anche complessa), collegati tra loro telematicamente: un luogo in cui il paziente trovi le risposte ai suoi bisogni di salute senza la necessità di accedere necessariamente ai Pronto Soccorso, evitando in tal modo l’affollamento di questi ultimi , evento che spesso rappresenta una vera e propria piaga. Esistono nella nostra provincia diverse opportunità di edifici idonei, con pochi accorgimenti, a svolgere questo ruolo e ne citiamo alcuni: la parte di più recente costruzione dell’ex Moscati di Viale Italia, l’ex Ospedale Maffucci, l’ex Ospedale di Monteforte, lo stesso Ospedale di Bisaccia.
- Medicina territoriale vuol dire anche centri per alcune patologie purtroppo in incremento. Parliamo ad esempio della necessità di istituire centri per l’Alzheimer in tutta la provincia (attualmente funziona per 3 ore al giorno il solo centro di Avellino). Si tratta di risolvere l’annosa questione del Centro Autistico del cui futuro ancora si discute, mentre si attende l’erigendo centro alto irpino di S.Angelo dei Lombardi.
- Strettamente collegato alla medicina territoriale è l’assistenza sociale che si attua attraverso la presa in carico degli utenti da parte dei Piani di Zona. Pesano sul bilancio dell’assistenza nella nostra provincia le condizioni di diffuso disagio sociale ed economico che determinano una cronica insufficienza di risultati, il mancato turn-over del personale e uno storico sottodimensionamento dei finanziamenti cui solo negli ultimi anni si sta mettendo parzialmente riparo. Nonostante per legge regionale i confini territoriali coincidano con quelli dei distretti sanitari non sempre si realizza un sufficiente livello di integrazione dei servizi. Un discorso a parte merita il PdZ 04 capofila il comune di Avellino; dopo anni di governo da parte dell’assemblea dei sindaci e della inevitabile lottizzazione dei servizi, nella scorsa legislatura comunale (quella di Ciampi sindaco) si diede luogo all’organizzazione in azienda speciale consortile che consente una migliore organizzazione. Sono dovuti passare dieci mesi per indire il concorso per la nomina del direttore generale e, a tutt’oggi dopo quattro mesi dall’espletamento non si è ancora proceduto all’insediamento; risultato, evidentemente perseguito, l’assistenza dell’Ambito è stata gestita dal comune di Avellino attraverso un settore blindato dal quale non si sono potuti mai avere dati sull’attività, l’organizzazione, la spesa. Si sa solo che la programmazione è ferma al 2017, che il bilancio dell’assistenza fornita è fallimentare, che vi sono ingenti finanziamenti non spesi e che in ragione di ciò si sono persi 800.000 euro.
- Infine l’ASL territoriale dovrà necessariamente avere un ruolo anche nelle attività più strettamente assistenziali, collegandosi ai Comuni per l’attuazione dei Piani di Zona.
CONTROVENTO auspica che i Comuni vogliano, come loro compito specifico, esercitare un’azione di controllo stringente sull’azione delle aziende sanitarie, a partire dal controllo dei bilanci per proseguire con lo stesso controllo sulle scelte di indirizzo.
La malattia più grave riguarda la politica campana. Occorre un cambio radicale delle modalità di scelta della dirigenza, non più individuata secondo appartenenze politiche, ma selezionata attraverso valutazioni rigorose della qualità e dell’esperienza in campo sanitario, sia in termini di titoli che di prove pratiche di esame, da affidare a commissioni nazionali di esperti di riconosciuto valore scientifico.
Come le vicende di questi giorni stanno drammaticamente dimostrando, la gestione della sanità è un terreno estremamente delicato che può determinare il futuro della vita delle persone; è giunto anche il tempo che la politica comprenda la necessità di uscire dal vecchio schema di esercitare su di essa il suo controllo asfissiante. Va inaugurata fin da subito una stagione nuova che veda nella competenza e nella professionalità i suoi unici paradigmi.
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