RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Vero è che di questi tempi si preferirebbe parlare di sviluppo, di crescita o dei mali che stringono il collo del mondo, anziché delle querelle social. Ma è anche vero che i social sono entrati prepotentemente nelle nostre vite, tanto da far guadagnare soldi alle aziende e voti ai politici. Emblematico è il caso di Ariano dove nelle ultime ore si discute animatamente sulla scomparsa di una pagina satirica apparsa circa due anni fa su Facebook, i pensieri di Zio Baba. La pagina con un discreto numero di iscritti, soleva discutere di politica locale e non, attraverso delle vignette in dialetto Arianese. Come spesso accade con la satira, la pagina aveva diviso la città, tra chi protestava contro le sue battute, spesso rivolte ai politici locali e chi ne apprezzava l’umor, non certo inglese, ma come affermato oggi da alcuni commenti Facebook, mai “…ravvisato disprezzo o aggressioni giuridicamente rilevanti. Garbati, intelligenti e mai umilianti…” Il dibattito che si sta accendendo in queste ore verte sull'ostentata volontà di querelare gli autori delle vignette da parte di uno dei maggiori politici locali e che questo atteggiamento abbia determinato l’oscuramento della pagina. Ci si appella dunque al diritto di critica o al reato di calunnia, a seconda di chi sia il colpitore o il colpito. La satira può piacere o meno, può essere sciocca o intelligente, ma la domanda da porci oggi è: la politica è matura per saper accettare sia gli elogi che le critiche dai social, oppure puerilmente cerca solo i gratificanti benefici del voto e della pacca, virtuale, sulla spalla? Infondo in politica tutto è lecito, ma nella misura in cui la morale è appannaggio di chi alza le braccia e si agita da un palco e gli auditori sono rinchiusi in un quartiere di Pyongyang.
Antonio Romano