Arianesi e referendum/3. Leggi di iniziativa popolare e referendum
Analizzati i temi del bicameralismo e quello del nuovo Senato, passiamo a un nuovo importante aspetto della riforma costituzionale: il potere del popolo. Valutiamo gli aspetti riguardanti le leggi di iniziativa popolare e i referendum abrogativi e propositivi (questi ultimi un'innovazione nell'ordinamento).
ORA
- L’iniziativa legislativa (proporre, cioè, una legge) può essere del governo (disegni di legge), di uno o più parlamentari (proposta di legge) o anche del popolo (progetto di legge). Tuttavia il popolo per proporre una legge deve raccogliere 50 mila firme. In realtà la storia delle leggi di iniziativa popolare è abbastanza triste: dal 1979 al 2014 sono ben 260 le leggi proposte dal popolo arrivate in Parlamento, ma meno della metà sono state discusse e solo quattro sono state anche approvate.
- L’unico referendum ammesso (a parte quello costituzionale e quelli riguardanti le modifiche territoriali, che hanno però una disciplina diversa) è quello abrogativo (ultimo quello sulle trivelle). Con esso si chiede al popolo, dopo aver raccolto almeno 500 mila firme, di abrogare una legge già esistente. Se vince il SI la legge viene abrogata (eliminata) con effetto ex tunc (cioè i rapporti già regolati dalla vecchia legge rimangono validi, quelli nuovi o esistenti invece no). Tuttavia non basta una vittoria del SI, ma è necessario che il referendum raggiunga il quorum, ossia che a votare vada la maggioranza assoluta degli aventi diritto, quindi almeno il 50%+1 di chi ha diritto al voto, altrimenti non è valido e tutto rimane come prima.
SE VINCE IL SI
- L’iniziativa legislativa (di tutte le leggi) è sempre del governo, di uno o più parlamentari o del popolo, ma cambia qualcosa per le leggi di iniziativa popolare. Ora però serviranno 150 mila firme per arrivare alla discussione in Parlamento, che però ci sarò certamente visto che per legge dovrà essere garantita.
- Cambiano i referendum. Anzitutto il referendum abrogativo rimane, ma se vengono raccolte almeno 500 mila firme tutto rimane uguale (per la validità serve il 50%+1 degli aventi diritto al voto); se invece ne vengono raccolte almeno 800 mila, allora il quorum si abbassa e il referendum per essere valido dovrà ottenere il 50%+1 dei votanti delle ultime elezioni politiche.
- Inoltre sarà introdotto il referendum propositivo; cioè attraverso un referendum il popolo votando SI potrà indicare al governo un certo indirizzo politico sul tema oggetto della consultazione popolare. Le modalità del referendum propositivo saranno, però, specificate con successive leggi (con la riforma si introduce solo il principio).
LE RAGIONI DEL SI
- Finalmente le leggi di iniziativa popolare saranno certamente discusse una volta giunte nelle commissioni parlamentari, essendo previsto un preciso obbligo costituzionale.
- Diminiusce il rischio che i referendum abrogativi non siano validi per mancato raggiungimento del quorum, rivelandosi, come spesso accaduto, solo una spesa elettorale. Basterà raccogliere 300 mila firme in più e questo rischio sarà scongiurato.
- Per la prima volta il popolo potrà dare un chiaro indirizzo al governo attraverso l'innovativo referendum propositivo. Il popolo sarà sempre più partecipe, non limitandosi più a scegliere i suoi rappresentanti nelle elezioni politiche, ma intervenendo nella politica del governo, espressione della maggioranza scelta nelle elezioni.
LE RAGIONI DEL NO
- Il popolo non viene agevolato, bensì il contrario. Bastava assicurare costituzionalmente la discussione della legge di iniziativa popolare. La riforma lo fa, ma impone anche 100 mila firme in più da raccogliere. Uno sforzo in più ai cittadini per quello che dovrebbe essere un loro diritto.
- Si segue questa stessa linea anche sull'abbassamento del quorum del referendum abrogativo. Per evitare spese inutili elettorali per votazioni non valide (i referendum che non raggiungono il 50%+1 degli aventi diritto al voto), è chiesto lo sforzo della raccolta di 300 mila firme in più.
- Il referendum propositivo è certamente una bella innovazione, ma nella riforma è scritto che successivamente con legge ordinaria si definiranno le modalità dello stesso. C'è, quindi, il rischio che rimanga sulla carta senza essere mai realizzato o, nella migliore delle ipotesi, venendo realizzato molto tardi (vedesi le Regioni, sulla carta dal 1948 e realizzate alla fine degli anni Sessanta; o le Città Metropolitane, sulla carta dal 1948 e istituite solo dal 2012).
E ora, come di consueto, diteci da che parte state. Votate il sondaggio qui.
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