Arianesi e referendum/2. Il nuovo Senato
Dopo aver parlato del bicameraslimo perfetto, analizziamo, ora, un altro aspetto della riforma costituzionale, che sarà sottoposta al referendum del prossimo 4 novembre. Rimaniamo in ambito parlamentare, però, perché oggetto del tema di oggi è il nuovo Senato (e la riduzione dei parlamentari). Per questioni di spazio, inseriremo qui anche le novità riguardanti l'elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici della Corte Costituionale.
ORA
- Oggi Camera e Senato sono elette dal popolo. La Camera già da chi ha 18 anni, il Senato da chi ne ha almeno 25. Alla Camera ci sono 630 deputati, al Senato 315 senatori a cui si aggiungono i senatori a vita (ex presidenti della Repubblica e quelli nominati dall’attuale o dai precedenti capi di stato; nel nostro caso ce ne sono cinque, tra cui Giorgio Napolitano, Renzo Piano e Mario Monti). Inoltre il presidente del Senato oggi è la seconda carica dello Stato ed è il vice del presidente della Repubblica. Ciascun parlamentare ha diritto a un'indennità e gode dell'immunità (per farla breve, può essere sottoposto ad arresto o limitazioni della libertà personale senza il consenso della camera di appartenenza).
- Il Senato rientra nel sistema del bicameralismo perfetto e ha, dunque, esattamente gli stessi compiti della Camera (vota la fiducia al Governo e approva le leggi)
- Attualmente il Presidente della Repubblica viene eletto da Camera e Senato riunite in seduta comune con l’aggiunta dei delegati inviati dai vari consigli regionali. Per eleggere il presidente della Repubblica serve un ampio consenso. Quindi nei primi tre scrutini per essere eletto deve ottenere la maggioranza dei due terzi dei componenti delle camere riunite. Se dopo tre votazioni ancora non è stato eletto, dalla quarta votazione il quorum si abbassa e basterà la maggioranza assoluta (Ciampi fu eletto subito al primo scrutinio; Mattarella dopo quattro; il record è di Leone nel 1971, ce ne vollero 23).
- La Corte Costituzionale si compone invece di 15 membri. Cinque li nomina il presidente della Repubblica, altri cinque li eleggono le supreme magistrature (tre la Corte di Cassazione, uno il Consiglio di Stato e uno la Corte dei Conti), altri cinque sono eletti dal Parlamento in seduta comune. Come per il presidente della Repubblica servono delle maggioranze “qualificate”: per tre scrutini i due terzi, dal quarto in poi i tre quinti delle camere riunite.
SE VINCE IL SI
- Mentre per la Camera non cambia nulla (sempre elettiva e sempre di 630 deputati), il Senato sarà diverso. Sarà infatti espressione delle autonomie regionali, non ci saranno più i senatori a vita (a parte quelli attuali attuali) e sarà composto da 100 senatori. Di questi, 95 saranno eletti, ma non dal popolo. Infatti 74 saranno eletti nei vari consigli regionali e altri 21 tra i sindaci dei vari territori, uno per regione (tranne che per le province autonome di Trento e Bolzano, che ne mandano uno ciascuno). Ogni consiglio regionale manda un numero di senatori prestabilito (la Campania ne manda 9 più un sindaco, ad esempio). Questi sono 95. E gli altri cinque? Saranno nominati dal presidente della Repubblica “per altissimi meriti” e rimarranno in carica per sette anni. Infine la seconda carica dello Stato sarà il presidente della Camera, che fungerà da vice del presidente della Repubblica. L'indennità sarà percepita solo dai deputati, mentre rimane l'immunità per tutti.
- Il Senato conserva la funzione legislativa, analogamente alla Camera, solo per alcune materie (vedi la prima puntata). Per il resto può solo esprimere pareri non vincolanti sulle leggi approvate dalla Camera, ha una funzione di raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali.
- Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune ma senza i delegati regionali. Cambiano anche le maggioranze. Nei primi tre scrutini serviranno i due terzi dei componenti, dal quarto al sesto serviranno i tre quinti dei componenti, dal settimo i tre quinti dei votanti.
- Quanto ai giudici della Corte Costituzionale, non cambia nulla per i cinque eletti dalle magistrature e per i cinque nominati dal presidente della Repubblica. Quanto a quelli eletti dal Parlamento ci sono delle novità. Tre sono eletti solo dalla Camera, sempre con le maggioranze dei due terzi prima e dei tre quinti dopo; altri due solo dal Senato, sempre con le stesse maggioranze.
LE RAGIONI DEL SI
- Riducendo a 100 i senatori e togliendo loro l'indennità si riducono i costi della politica
- Spariscono i senatori a vita
- Il Senato ha nuove competene, diverse dalla Camera, con tutte le conseguenze positive sulla velocizzazione del procedimento legislativo che ne derivano
- Le nuove maggioranze richieste per l'elezione del Presidente della Repubblica vanno verso una sempre maggiore condivisione della personalità che deve ergersi a rappresentanza dell'unità nazionale
LE RAGIONI DEL NO
- Chi sostiene il NO parla di riduzione minima dei costi della politica. Si toglie l'indennità ai senatori, che però essendo consiglieri regionali la percepiscono dai loro enti di provenienza. Bisognerà poi garantire ai senatori le spese necessarie per l'assolvimento del proprio compito, quindi le spese rimangono
- I senatori a vita scompaiono, ma comunque ne vengono nominati cinque per la durata di sette anni del loro mandato, senza contare, poi, che con la riforma, il Senato non è più eletto dal popolo
- Ha una funzione di raccordo tra Stato e regioni, ma non ha competenza legislativa. Insomma, un Senato delle autonomie, che non approva leggi sulle autonomie
- L'immunità rimane. Alcuni costituzionalisti e giornalisti (Travaglio su tutti) hanno fatto notare il rischio che un sindaci e consiglieri regionali possano più facilmente operare illegalmente, come già accaduto di recente (si vedano i casi delle regioni Lazio, Marche e Calabria, sciolte dopo vari scandali) perché coperti da immunità parlamentare
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