Ambiente contaminato e malattie, capire la relazione con il "topo della discarica"

di , Venerdì, 06 Settembre 2013

(Adnkronos/Ign) - Da sempre associato a sporco e condizioni di scarsa igiene, è la chiave per studiare gli effetti degli agenti contaminanti nell'ambiente sull'alterazione degli ormoni. Studio condotto al centro Biogem di Ariano Irpino. La biologa Ambrosino all'Adnkronos: ''Questi contaminanti hanno un ruolo diretto nella riduzione della capacità riproduttiva''

Sarà il 'topo della discarica' ad aiutare la medicina del futuro. Perché, da sempre associato allo sporco e alle condizioni di scarsa igiene, l'animale è la chiave per studiare gli effetti degli agenti contaminanti presenti nell'ambiente che ci circonda.

Così, prendendo il topo, facendogli bere l'acqua che scorre nelle falde intorno a una discarica, si arriverà in un futuro a capire la relazione che c'è tra l'alterazione di un ormone, come quelli tiroidei o sessuali, e il cocktail di agenti tossici presenti nell'ambiente circostante.

Nel centro di ricerca Biogem di Ariano Irpino lo studio è condotto dalla biologa Concetta Ambrosino, ricercatrice dell'Università del Sannio. E' alla scoperta, assieme al suo team, di marcatori - geni e proteine - la cui espressione è alterata negli animali di laboratorio a causa di agenti contaminanti. Gli studi finora condotti "sono di natura epidemiologica - dice la biologa all'Adnkronos - e ciò vuol dire che sono retrospettivi sull'uomo. Non si ha possibilità di modulare lo studio. Prendi i dati, conti quanti malati ci sono. Ma non puoi dire quale sia la causa".

Per rimanere nella stretta attualità, non conoscere con certezza il fattore scatenante di una malattia ha portato il commissario straordinario dell'Ilva Enrico Bondi a sostenere, nel suo rapporto finale, che le cause dei tumori ai polmoni dei tarantini, ma anche dei cani e delle pecore, sono da ricercare nei vizi di fumo e alcol e non nelle emissioni dello stabilimento siderurgico. "Trovando invece i marcatori - dice la biologa - non si potrà più dire che anche gli animali fumino sigarette".

Lo studio della biologa Ambrosino nasce "dalla preoccupazione di quali possano essere gli effetti che l'ambiente contaminato può avere su di noi. Questi effetti sono ancora più preoccupanti quando riguardano generazioni future". Ma non solo, "perché 'future' è in senso anche lato, in quanto - precisa la ricercatrice - questi contaminanti hanno un ruolo diretto nella riduzione della capacità riproduttiva e nelle malattie infettive".

Insomma, un problema presente e futuro che per essere compreso ha come valido esempio, continua Ambrosino, quello dell'arsenico contenuto nell'acqua potabile. "Secondo la normativa possono essercene 50 microgrammi per litro. Ma ci sono studi che hanno dimostrato la sua tossicità anche a dosi molto più basse, soprattutto se l'esposizione comincia in età precoce, addirittura in utero. Più si è giovani, maggiori saranno le conseguenze".

Quello che va maggiormente considerato, continua Ambrosino, è il cocktail di sostanze tossiche. "Dire che l'arsenico a una determinata dose non è tossico è sicuramente vero. Ma non si può escludere che l'arsenico aggiunto a tanti altri contaminanti lo diventi".

Per verificare questo aspetto gli studi non possono fermarsi alla determinazione del solo contaminante ma "devono andare oltre. Serve un sistema biologico che mostri gli effetti". Qui entra in gioco il 'topo della discarica', "al quale abbiamo somministrato le acque contaminate. Attraverso un biomonitoraggio, cioè accoppiando le analisi classiche che si fanno di routine ad alterazioni dell'espressione genetica, sono state studiate le alterazioni fenotipiche. Abbiamo verificato se stavano bene o se stavano male, oppure se non crescevano. Lo abbiamo fatto nel tempo e nelle generazioni. Abbiamo esposto gli adulti e abbiamo visto gli effetti sui figli".

I risultati dello studio sono "interessantissimi", ma sono ancora oggetto di riservatezza. "Quello che è possibile anticipare - dice Ambrosino - è che il biomonitoraggio inteso come studio dell'effetto tossico di una sostanza in un sistema animale modello, mediante le moderne tecniche di monitoraggio, consente di seguire le trasformazioni indotte dall'esposizione a un composto anche a dosi bassissime".

Senza dimenticare, aggiunge la biologa, che c'è anche il problema del bioaccumulo. "Se bevo arsenico per un mese non succede nulla. Ma se lo bevo tutti i giorni, sempre, questo arsenico si accumulerà. Nel nostro approccio sperimentale tutti questi aspetti li possiamo prendere in considerazione".

I risultati degli studi effettuati al centro Biogem potrebbero andare oltre. "Dovrebbero diventare un suggerimento al legislatore affinché' comprenda che la valutazione della tossicità va concepita in termini differenti. Non solo in termini di misura del contaminante, ma anche di verifica degli effetti e come si trasmette alle generazioni future", insiste Ambrosino.

Ponendo l'accento sul fatto che, dal punto di vista normativo, "i parametri che determiniamo non vengono seguiti dalla legge. Sono in fase sperimentale. Oggi la normativa prescrive che si deve determinare solamente quanto un composto chimico sia presente". Perché, spiega, "uno dei problemi di questa sperimentazione è che i dati prodotti dal modello animale non possono essere trasferiti direttamente sull'uomo. E' parzialmente vero - fa notare - perché se trovi la stessa alterazione in più organismi, significa che sono funzioni fondamentali, uguali per tutti, che sono state conservate nel corso dell'evoluzione".

E poiché si tratta di studi molto costosi, altro fine della ricerca è quella di individuare metodi più semplici per poter verificare quanto influiscano i cocktail di agenti contaminanti . "Non si può svolgere su una popolazione un'analisi tossico genomico tipo quella che facciamo, perché è estremamente costosa. Ma in futuro - prevede la biologa - una volta identificato come l'esposizione ad un contaminate determini una riduzione dei livelli di un certo ormone, si potrà verificare l'impatto sulla popolazione. Cambierà il modo di valutare gli effetti, non più con metodi epidemiologici ma sul campo con parametri da seguire. E sara' ben diverso - conclude Ambrosino - dal giungere a conclusioni senza conoscere le cause. Si andrà nel dettaglio, impedendo un fenomeno come quello del cane tarantino che fuma".


 



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