da Paternopoli ai vertici politici nazionali. La parabola politica di un audace riformatore

Fra i tanti politici irpini, che hanno dato lustro alla loro terra dopo il fascismo, è forse stato il più originale. Per molti versi il più coraggioso. Non solo perché creò dal nulla la Dc locale e sviluppò un’idea di governo del territorio che a quei tempi era all’avanguardia, ma soprattutto perché interpretò in modo genuino il suo essere democristiano rottamando la vecchia classe dirigente liberale e introducendo un ceto politico moderno di impronta cattolica. Fedele fino in fondo alle sue idee, tanto da finirne vittima, arrivò a sfidare non solo il suo partito ma tutto il sistema di governo che vi ruotava attorno.

Se ne andò nel luglio del 2000, a 79 anni, quando ormai in pochi ricordavano la sua autorevolezza e il potere che aveva costruito perché l’eclissi era cominciata molto tempo prima. Ma farne memoria oggi, in un momento in cui la politica italiana cerca di uscire dal tunnel della crisi in cui si è invischiata, può essere prezioso. A partire da chi vive nella sua terra irpina.

Sullo ebbe un ruolo importante nella storia della Dc e nel costume del Paese. Nato a Paternopoli (Avellino) il 29 marzo 1921, fu dirigente dell'Azione Cattolica e poi uno dei fondatori della Dc in Irpinia. Deputato nel 1946 all' Assemblea Costituente, in seguito venne rieletto per ben sette volte alla Camera.Più volte ministro dal 1960 al 1973, legò il suo nome a due grandi novità nel mondo della scuola introdotte sull'onda della contestazione giovanile del ‘68. Nominato titolare della Pubblica istruzione, nel dicembre di quell’anno, a gennaio del 1969 firmò una circolare con la quale veniva riconosciuto il diritto di assemblea degli studenti delle scuole medie superiori. Un mese dopo, il 13 febbraio, venendo incontro alle richieste studentesche, presentò la legge che riformava gli esami di maturità. Nata come provvedimento provvisorio per abolire la riforma fascista di Giovanni Gentile, la «nuova maturità» è rimasta in vigore per 28 anni. Fino alla legge Berlinguer. Ma la Dc si mostrò fredda sulla riforma Sullo e lui per protesta si dimise da ministro della Pubblica Istruzione.

In realtà fu solo una delle frizioni che ebbe con i vertici del suo partito. L’episodio più clamoroso risale a sei anni prima, quando, nel 1963, in pieno boom edilizio, da ministro dei Lavori pubblici nel governo di Amintore Fanfani firmò una riforma urbanistica molto avanzata per quei tempi. Se fosse passata sarebbero stati evitati tanti scempi edilizi. Ma la segreteria nazionale democristiana si dissociò pubblicamente dalla legge e l'affossò. Fu il primo scontro pubblico tra Sullo e il suo partito. L' ultimo si sarebbe consumato dieci anni dopo, quando non condivise l' opposizione della Dc al divorzio e che avrebbe portato alla durissima sconfitta referendaria del 1974. Il declino politico di Sullo, leader meridionale della sinistra di base, coincise con la crescita di uno dei suoi giovani pupilli, Ciriaco De Mita, che nei primi anni Settanta ne prese il posto. Il resto è storia di una terra irpina che forse ha dimenticato troppo presto uno dei suoi grandi attori politici.

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Per offrire un esempio di quale fosse il carattere umano e politico di Fiorentino Sullo pubblichiamo qui sotto alcuni stralci di un’intervista che rilasciò al “Mondo” nel gennaio del 1991, proprio sulla battaglia che gli costò quasi certamente la carriera politica.

“Benchè democristiano, la prima vittima dei nemici del centrosinistra fu proprio Fiorentino Sullo. Agli occhi delle destre, come rappresentante della sinistra di Base, si era macchiato di una colpa gravissima: ministro dei Lavori pubblici nel quarto governo di Amintore Fanfani, aveva presentato un progetto di legge urbanistica per calmierare il mercato delle aree e stroncare la speculazione. “Successe il finimondo”, ricorda ora Sullo.

Domanda. Chi furono i suoi avversari?

Risposta. Tutti. I grandi proprietari immobiliari. Le congregazioni religiose. Persino il Vaticano.

D. Fu attaccato dal suo partito?

R. Certo . Dopo le elezioni del 1963, Mario Scelba mi accusò di aver fatto perdere centinaia di migliaia di voti alla Dc. Il segretario del partito, Aldo Moro , mi lasciò solo. La stampa di destra mi rappresentava come un sovversivo che voleva togliere la casa agli italiani. E Moro se ne preoccupava.

D. Così lei fu escluso dal primo governo di centrosinistra.

R. Mi offrirono il ministero del Lavoro e io rifiutai indignato.

D. Ma la nuova legge urbanistica non doveva essere uno dei cardini del centrosinistra?

R. Sciocchezze. I Lavori pubblici passarono al Psi, ma Pietro Nenni aveva già ceduto alle preoccupazioni di Moro, accettando di archiviare qualsiasi riforma che toccasse gli interessi della grande proprietà immobiliare“.


 

Articolo pubblicato sul numero Agosto/Settembre 2014 del periodico XD Magazine.


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